PICCOLO DIZIONARIO GASTRODELIRANTE
MAMMOLA
Di Serena Manzoni,
Evidentemente sono un animo poco romantico, anche se ho una vera e propria predilezione per i fiori e, vizio di famiglia, non potrei mai e poi mai avere un balcone senza averlo invaso di colori e petali… ma…
Ma, se mi dite mammola, la prima cosa che mi viene in mente è quel bel verde tendente al viola, che morbidamente cela un fragrante segreto che mani abili (e per lo più romane) trasformano alla Giudia in una delle preparazioni a mio avviso più riuscite della storia della cucina!
Indimenticabile quello del Ba‘ Ghetto di Roma, ristorante ebraico che ricordo con molto piacere.
E invece, se cercate sul vocabolario (bella abitudine e vintage), mammola è prima di tutto un fiore, un tipo di viola, piccola e profumata, tenerissima alla vista e al naso. Viene detta mammola una persona un po’ molle, timida e remissiva. Dal latino mammŭla, diminutivo di mămma, ovvero mammella.
Del carciofo romanesco, ovvero dei suoi primi getti dette mammole o cimaroli, nessuna traccia.
Sul banco di legno della mia cucina, in un vaso di vetro trasparente, un bel mazzo di carciofi inermi, morbidi e senza spine, per essere della varietà romanesco dovrebbero essere coltivati in un certo territorio e non lo sono.
Probabilmente il loro nome è dovuto alla loro morbidezza, all’assenza delle spine, ad un certo modo di vedere la vita non violento.
La mammola è zen, che sia un fiore o un carciofo…
Ristorante Ba’ Ghetto
Via Portico D’Ottavia, 57
00186 – Roma
Serena Manzoni