Di Serena Manzoni,
“Compiti per tutti: immagina di guardare negli occhi la persona che eri dieci anni fa. Cosa vorresti dire a quel vecchio te stesso?”
Dieci anni fa come oggi, ogni venerdì mattina tra i riti un po’ compulsivi che ho adottato per lenire le mie insicurezze c’è quello di andare a leggere l’oroscopo di Rob Brezsny su Internazionale. Come dieci anni fa le frasi un po’ sibilline dell’autore dei compiti a casa di questa settimana citati qui all’inizio non mi dicono molto ma mi divertono.
Oggi c’è Fabio che bercia dalla cucina bofonchiando che sono solo corbellerie superstiziose, assolutamente non dimostrabili e come faccio anche solo a leggere queste panzane… non lo ascolto, continuo a leggere e ridacchio. Dieci anni fa Fabio non c’era ancora in cucina a bofonchiare, ma c’era un altro appuntamento: quello di andare a leggere la rubrica di Internazionale tratta dal Guardian, dove Alex Kapranos recensiva ristoranti e narrava delle sue esperienze gastronomiche a spasso con i Franz Ferdinand, la sua band.
Oggi la rubrica non c’è più, ma conservo nella confusa libreria casalinga il libro tratto da questa esperienza: “Rock restaurant. A cena in tournée con i Franz Ferdinand” edito da Fusi Orari (Internazionale) nel 2006.
Decido di fare i compiti della settimana di Rob Brezsny, riacciuffo il libro faticando un po’ per trovarlo, e guardo negli occhi la persona che ero dieci anni fa rileggendolo.
Lettura veloce, piacevole e intelligente, illustrata in maniera perfetta da Andrew Knowles con disegni particolarmente adatti al tono della narrazione. Perché di narrazione si tratta: Alex Kapranos infatti non si limita a raccontarci quello che mangia e se gli piace o meno: non tralascia mai di descrivere il luogo e le circostanze, i cuochi o i camerieri che preparano le pietanze e servono ai tavoli, la strada di quella parte di mondo in cui si trova in tournée, i suoi compagni di viaggio e di tavolo.
L’atto del cibarsi viene presentato e narrato nella sua complessità, come un rito dove ogni singolo elemento è imprescindibile per creare quel piccolo racconto che ogni pezzo rappresenta. E per questo mi piace, è un modo di leggere che assomiglia molto all’ascoltare, forse perché chi scrive è un cantante. Cantante onnivoro, curioso e raffinato: assaggia tutto, dalle caramelle fluorescenti fino al temibile Fugu, ovvero il pesce palla.
Si passa dai ristoranti stellati (La Broche di Sergi Arola a Madrid) alle macellerie di South Shields per una salsa di cervellata, dalle librerie in cui si mangia di Wigtown si fa un salto a Milano, a Sidney, Montreal e Singapore per ritornare alla torta coperta di glassa azzurra per la festa degli otto anni o all’indigestione per avere assaggiato troppi stuzzichini da bambino preparati per l’inaugurazione della nuova casa.
Per certi versi ricorda un po’ Anthony Bourdain: lo cita descrivendo il Rossini, hamburgher di lusso con cui l’autore sigla il suo trentaquattresimo compleanno, a Les Halles di Manhattan; me lo rammenta per la smania di assaggiare tutto, in ogni luogo e per quell’atteggiamento tra l’ironico e il rock che caratterizza entrambi.
C’è spazio anche per un velo di nostalgia: quella legata all’infanzia e alle marachelle gastronomiche, alle vacanze dai nonni in Grecia e alla prima sbornia, per il sapore dell’haggis in uno splendido ristorante di Glasgow.
È stato piacevole rileggere Rock Restaurant, probabilmente con più consapevolezza gastronomica di dieci anni fa, e poi Fabio dice male di Rob Brezsny, se non era per i suoi compiti a casa…
Alex Kapranos Rock restaurant
A cena in tournée con i Franz Ferdinand
Edizioni Fusi Orari
Serena Manzoni