Di Fabio Riccio,
Sono un ex fumatore.
Non un fumatore pentito, perché i pentiti di qualsiasi cosa o credo diventano i più acerrimi nemici di quel che facevano o assumevano prima del loro pentimento.
Io no.
Semplicemente da qualche anno smesso di fumare.
Tutto qui.
Però il piacere di fumare ben lo conosco – ergo, ne parlo a ragion veduta.
Il piacere che si brucia nel fumo, sia esso di sigaretta, di sigaro o della pipa, non è dei più facili da comprendere per chi non ha mai fumato.
Almeno per un po’ nella vita bisognerebbe fumare, non se ne abbiano a male i salutisti…
Il fumo, è piacere, vera e propria voluttà, sensazione comune al piacere che regalano il buon cibo o il vino.
Nella piccola e deliziosa Fisiologia del fumatore di Théodose Burrette, chicca libraria salvata dall’oblio di qualche polveroso scaffale da Armillaria editore, si parla e si ragiona di fumo e fumatori.
A inizio ottocento, in Francia furoreggiavano le physiologies, le fisiologie, libretti brevi, popolari, a volte meramente divulgativi, a volte con pretese scientifiche, dove si analizzavano mode e vizi del tempo.
In questa fisiologia del fumatore appunto, si discute del “regalo” (vendetta postuma per i torti subiti?) che dopo la scoperta delle Americhe, gli indigeni dell’attuale Yucatan hanno fatto a noi occidentali, ma anche di profezie sulla diffusione del fumare, e della ricerca di quella sorta di chimera che è il fumatore (fumatrice) perfetto, per arrivare ad affermare maliziosamente che “Sventura alla donna il cui amante fuma, se suo marito non fuma!”
Aggiungiamoci anche che il buon Jean Nicot (il nome vi dice nulla?), ambasciatore francese nel Portogallo del sedicesimo secolo, portando le foglie di tabacco in giro per il mondo ci ha messo del suo…
E da lì che è iniziata la giostra che arriva fino alla tabaccheria sotto casa…
I fumatori sono tanti, per genere, ma anche per motivazioni.
E… così in questa “fisiologia” si categorizza, si delineano contorni e si specula sui fumatori, svelando caratteri, tic e arzigogoli sorprendentemente attuali anche per chi fuma nel nuovo millennio.
Senza svelare al lettore quel che troverà in questa “physiologie”- sul fumo c’è un punto fermo – sia esso di sigaretta, di pipa o sigaro è sempre un‘alleato del tempo, aiuta a trascorrerlo, bene forse.
La sigaretta post-puberale è stata per tanti un fascinoso rito trasgressivo, una iniziazione a buon mercato, pochi quelli che se ne sono sottratti.
Riempirsi i polmoni di calore, dando l’impressione di goderne in pieno, era godimento sincero, più di tanti altri.
Ma i piaceri del fumo sono ben più sottili di quelli adolescenziali ci ricorda Théodose Burrette.
Le spire di fumo non sono tutte uguali.
Le braci che bruciano sono diverse.
Per esempio… la sigaretta è piacere nervoso e alquanto effimero, ripetitivo, ormai meramente industriale, ma lo stesso ci segmenta la giornata in tempi più elastici, e la voluttà che trasmette, aiuta a riempirli un po’ più gentilmente.
La sigaretta è democratica, nazionalpopolare si diceva qualche anno fa’.
Sarà…
La sigaretta è sodale del caffè in tazza, ma quello della moka, non quello bar dove diventa pura meccanicità sociale e comportamentale.
La pipa è complessa invece.
Terribilmente rituale.
Richiede abilità, anzi manualità e poca fretta.
La pipa non è un fumo semplice – Théodose Burrette ce lo ricorda.
Nel ventunesimo secolo dove tutti corriamo come matti, forse è obsoleta.
Chi fuma la pipa brama tempi rilassati.
Già nel caricarla si tocca il tabacco con le dita, come per il tabacco da fiuto.
Ulteriore trillo per i sensi.
Il “rito della pipa” e la sua immagine, voluttuosamente travalicano l’essenza stessa del fumare.
I sanculotti la pipa la fumavano, Robespierre pure.
Invece, per un certo immaginario collettivo dei nostri giorni, chi fuma la pipa è considerato un eccentrico, più raramente un “saggio”.
Mai fatto caso a questo?
Il sigaro invece è la quiete fatta tabacco.
Il solo uso del tabacco che trovo davvero gastrodelirante è quello strizzato e sensualmente rollato in un buon sigaro.
Il sigaro è l’occhiata che si scambiano i fumatori quando confrontano i loro gioielli.
Il sigaro è aprire una scatola per sniffarlo prima ancora di accenderlo.
Spezzarlo sulla punta, è l’equivalente dello stappare una bottiglia di vino.
Proprio come un buon vino…
Degustarlo.
Ma c’è anche chi usa mozziconi di sigaro (spenti…) a ‘mo di un adulto ciucciotto o di talismano facendosene vezzo, e invece c’è chi usa il sigaro come tramite di meditazione, accesso ritualmente in precisi momenti della giornata.
Il sigaro è voluttà pura.
Il sigaro non è troppo amico del caffè, ma devoto del cognac e di altri piccoli piaceri alcolici in bicchiere…
Mai provato un Calvados con un buon toscano?
Vabbè: ho quasi voglia di un buon Avana, chissà come mi categorizzerebbe il buon Théodose Burrette.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Mi inserisco nella discussione.
Prima di tutto mi presento: sono Gino ex fumatore di sigarette, ma attuale, felice e molto misurato fumatore di sigari.
Un bel sigaro 3 – 4 volte al mese, magari accompagnato da un goccio di cognac dopo un bel pasto, rigenera i miei sensi, e se non trasformato in vizio compulsivo (come per le sigarette…) limita di molto i danni a polmoni e affini.
Il mio angolino di piccola felicità lo definisco.
Dopo aver finito il mio (mezzo) sigaro sono contento, tutto qui.
Logicamente, da buon fumator cortese ho i miei posti dove “esercitare” il mio piacere senza dar noia a chi mi è vicino, e mai mi sognerei di lordare con cenere e mozziconi nulla.
Questo… per dire semplicemente che qui si è recensito, in modo efficace e dotto un libro, una “physiologie” o per meglio dire un divertissement di due secoli fa…
Non è il caso di passare dalla dotta letteratura di quello che è un piacere, a bacchettate di nessun genere.
La fisiologia del fumatore di Théodose Burrette (che spero presto di leggere) non credo sia un invito a fumare, ma da quanto ho capito da questa, e altre recensioni scovate in rete, è semplicemente una sorta di “fotografia” scritta alla moda di due secoli fa del fumo e dei vari tipi umani che ne godono.
Se al signor Maurizio non piace assumere sostanze tossiche, buon per lui, e me ne compiaccio.
Ma… non credo che qui, e specialmente nell’ambito di una recensione di una quella che credo sia una rara “chicca libraria” riproposta con intelligenza, si debba bistrattare come potenziale suicida o lordatore di strade chi con moderazione e intelligenza fuma solo per il piacere di farlo, ne’ tantomeno qui è il luogo per parlare del reale e grave problema dei mozziconi che sporcano le nostre strade e tutti i posti dove passano esseri umani, dalle spiagge ai sentieri in quota.
Parliamo semplicemente di una recensione libraria, di quella che è (forse) una piccola perla salvata dall’oblio, dove si legge di varia umanità e di un vizio, che può e deve essere prima di tutto un piacere, non un obbligo.
Gino Maglione
PS: Il fatto che il vizio del fumo non mi piaccia, non vuol dire che giudico male i fumatori. Ho tantissimi ottimi amici fumatori e la libertà personale per me viene prima di qualsiasi altra cosa. Quello che giudicavo/contestavo, casomai, è una brutta abitudine comportamentale. Di molti fumatori. O anche di molte altre persone.
Salve Gianluigi.
Il mio commento non voleva essere una crociata salutista. Solo l’esposizione di cosa io penso del vizio del fumo.
Non penso che il commento sia fuori tema. Sarà di contrapposizione al post, sicuramente. Sarà soggettivamente scritto dal punto di vista di una persona che non ha mai fumato, sicuramente.
Ma è sinteticamente quello che penso io del vizio.
Riguardo al punto dei mozziconi lasciati per terra e non in un cestino dell’immondizia, spero che venga letto. E spero serva un po’ a sensibilizzare sull’educazione al “per terra nessun rifiuto”.
Amico mio, sinceramente non è un vizio che a me sta molto simpatico.
I motivi sono due:
Il secondo è che non mi piace la ricerca di sensazioni di piacere nell’assunzione di sostanze con effetti tossici (in questo caso la nicotina).
Il primo: non sopporto tutti quei mozziconi lasciati per strada, o sulle spiagge, o nelle aiuole. Posso chiamarla maleducazione? E cafoneria?
Gentile signor Maurizio, sono Gianluigi, un lettore di questo sito e volevo amichevolmente contestare il suo commento a questo articolo che trovo assolutamente fuori luogo e fuori tema.
Premetto che di questo sito mi piacciono i temi trattati, lo stile nel trattarli e i toni sempre tra il goliardico e lo scientifico, ma sempre con educazione, garbo e mai banalmente.
Prima di tutto un punto fermo: fumare fa male e basta.
Anche io come Fabio Riccio ho smesso e da molti anni.
Sono felice di questo, ma ammetto che il piacere di fumare mi manca, non mi mancano però tosse e raucedine. Forse la sola colpa che ammetto è quella di non aver avuto laa capacitá di “gestire” la cosa con modiche quantità, trasformando il tutto in vizio.
Ma… mi permetta di dirle che forse lei non ha colto per nulla lo spirito dell’articolo.
Non ho letto il libro in oggetto, e spero di farlo presto, ma già dalla recensione mi sono reso conto che in una opera come questa, il soggetto del tutto diventa solo un pretesto per parlare dei vizi e dei tic dei vari tipi di esseri umani presenti al mondo, fumo compreso.
Che poi il fumo, portato a livello di “vizio” sia deleterio, come detto prima non ci piove.
Peró da qui da far crociate salutiste fuori luogo in un sito come questo, oppure lo stigmatizzare la pessima abitudine di gettare cicche ovunque… ne passa molto.
Siamo fuori tema e fuori “spirito”.
Il fumo è un piacere che fa male alla salute, ma quanti altri piaceri sono nocivi?
Ne facciamo un elenco?
Cordialmente,
Gianluigi Ferrarini