Di Fabio Riccio,
Come spesso accade, sono gli incontri fortuiti quelli migliori.
Pochi giorni fa’ ero a Roma come giurato di Cooking for art 2015 vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/cooking-for-art-2015-alle-officine-farneto/2015/10/ – e negli intervalli concessi tra l’assaggio dei piatti di un concorrente e l’altro, mi sono divertito a gironzolare tra i tanti espositori della bella manifestazione.
Certo, una tal profusione di cose buone è stata per il sottoscritto quasi il paese dei balocchi, ma tra formaggi, salumi, pasta, erbe, liquori e altre delizie, la mia attenzione è stata catturata da un banchetto piccolo piccolo, quasi nascosto tra gli altri, quello dell’azienda Agricola Pagani di Valtramigna in provincia di Verona.
Così mi avvicino, sbircio tra le bottiglie, e poi come faccio sempre prima di degustare un vino a me non noto, chiedo di raccontarmi del vino.
Attenzione: raccontare, non parlare, che è cosa ben diversa.
E così, affabilmente, da dietro il banco mi esaudiscono.
Ma… voglio di più.
Sono pretenzioso, curioso, se qualcosa stuzzica la mia attenzione gioco perfino a fare il maestrino snob, e così rilancio con domande sempre più specifiche, semplicemente perché voglio saperne ancor di più.
Il motivo è elementare: per me, dietro un vino, ci deve (o dovrebbe…) essere un’idea di fondo, e questa idea (quando c’è…) voglio conoscerla, comprenderla, analizzarla per quanto possibile…
Chi fa’ vino solo per fare impresa, senza avere dietro nulla che non sia la pur comprensibile ansia di far guadagno, semplicemente non mi piace.
Il vino è una cosa troppo bella per lasciarla nelle mani di chi di mestiere fa’ soldi con… altri soldi.
Chi fa vino solo perché adesso “tira”, ma gestisce il tutto con poca “anima” come fosse una qualsiasi fabbrica di manufatti o uno studio commerciale, quasi sempre fa vini tecnicamente perfetti ma senza anima – non mi piace. Stop.
Sono fatto così, prendere o lasciare.
Non sono contro il giusto guadagno, non lo demonizzo affatto, ma apprezzo di più chi pur facendo impresa, riesce a realizzare le cose con amore. Talvolta capita – nel mondo del vino un po’ di più che in altri settori.
E… così alla fine riesco a sapere molto sull’ azienda Agricola Pagani di Valtramigna, molto più di quanto scritto in etichetta, o nelle schede dei loro vini, facilmente reperibili in rete.
Il territorio è quello del Soave classico in provincia di Verona, quasi al confine con la Valpolicella.
Le vigne hanno una certa età, cosa importante. Mi piace.
Pur senza certificazioni, alla Pagani sono in attesa di completare tempi e scartoffie… (ma le certificazioni servono proprio? Hanno ancora un significato?) e lavorano in vigna e in cantina in maniera rispettosa, pulita.
Anche il sapere che si utilizzano lieviti autoctoni mi da fiducia.
Chiacchieriamo di come si lavora in azienda.
Mi piace.
Mi piace anche pensare che tra vignaioli e consumatori dovrebbe esistere un “patto tra gentiluomini”.
– Il vignaiolo dichiara in dettaglio come fa il vino, noi consumatori ci fidiamo, e beviamo il frutto del suo lavoro nei calici. Stop –
Utopia?
Forse si, ma viste le vigenti leggi del settore, e stante la pratica impossibilità di sapere cosa c’è realmente in bottiglia, oltre al succo di vitis vinifera fermentato e alle sostanze che si creano naturalmente durante le varie fasi di passaggio dal grappolo al bicchiere, non resta che affidarci alle parole di chi il vino lo produce, confidando nel rispetto del patto di fiducia…
Tornando alla nostra Azienda Agricola Pagani di Valtramigna, come dicevo prima, mi piace come lavorano, e dove vogliono andare.
Oltre questo, è una azienda molto al femminile, il che non guasta affatto, anzi!
E così, tra un cuoco sotto esame e un altro, assaggio & degusto i loro vini.
Ancora assaggio.
Ulteriore assaggio.
Approfittando degli intervalli, assaggio tutti i loro vini (almeno credo).
Assaggi sì veloci, e assaggi con il palato un po’ inquinato dai mille sapori e sentori dei piatti degli scalpitanti cuochi emergenti.
Non è la situazione ideale, ma per fortuna il mio palato al secondo giorno di Cooking For Art 2015 è ben Rodato, e fortunatamente al massimo della sensibilità e capacità di discernere.
Eppure… nonostante tutte le bordate sensoriali dei cibi, i vini dell’ azienda agricola Pagani di Valtramigna ben li metto a fuoco, e da subito mi colpiscono.
Nonostante la (mia) confusione sensoriale, percepisco che questi vini non raccontano i “soliti” bei compitini enologici da primi della classe – quelli dei vini sempre perfettini, ma senza traccia di anima.
Sono vini che raccontano una storia differente.
Già (alcune) delle uve impiegate parlano da sole: Soave, Garganega trebbiano di Soave…
Ma non solo: bollicine di Recioto e Garganega, Corvina e Corvinone, Molinella e la quasi dimenticata Molinara, mi regalano belle emozioni, percepibili anche nella confusione e nel caldo di un pomeriggio di Ottobrata romana alle officine Farneto, sotto Monte Mario…
Ma le cose si fanno con calma.
E così, con sottobraccio una bottiglia di Soave Classico 2013 gentilmente regalatami dalla gentile Marta Guiotto che ha gestito lo stand, a gara terminata me torno finalmente a casa.
Chi segue Gastrodelirio ben sa che che all’ingresso di casa c’è la famosa cantinetta “dinamica” dove attingere bottiglie di ogni tipo.
Questa volta la cantinetta è ancor più dinamica del solito, perché già il giorno dopo, finisco per aprire proprio il Soave Classico dell’ Azienda Agricola Pagani di Valtramigna.
A casa.
A tavola.
C’è calma.
C’è concentrazione.
Nessuna mossa da eno-iniziato, ma sensi bene in allerta
Si apre la Bottiglia – il Soave classico 2013 si svela.
Tappo in gran forma.
All’occhio spicca un giallo paglierino carico, e appena aperto c’è sentore di volatile, cosa che molti considerano un difetto.
Non per me, sono un eretico – eretico con misura però: infatti ancor più ereticamente accompagno questo vino con una non memorabile piadina da supermercato, ma con gorgonzola “serio” e salame DOP, alla faccia di tutti gli assiomi precostituiti.
Al naso va di corsa verso un un ricco floreale di fiori di acacia, quasi se ne sente il colore (se mai i colori hanno mai avuto odori propri), poi tanta pesca e mela acerba, con l’alcol percepibile in giusta misura che si diverte a giocare a nascondino con la mela, cambiando di posto a ogni respiro.
Al palato è decisamente pieno, con stuzzicanti note speziate, e il tocco di volatile non fa’ che rendere più affascinante la bella struttura e la progressione gustativa, così a terminare con un lungo fondo di mandorla amara, che persiste molto e non si stempera affatto.
E’ un bianco non da poco, notevole.
Uno di quei bianchi che piacciono a me.
E’ riuscito ad andare dritto al cuore.
Semplicemente mi piace – la cosa più importante.
D‘ufficio lo iscrivo nel novero dei vini gastrodeliranti, e… se non sapete cosa sono, date un occhio al terz’ultimo punto del manifesto di Gastrodelirio – vedi https://www.gastrodelirio.it/manifesto-di-gastrodelirio/
Alla salute!
Azienda Agricola PAGANI
Località Costeggiola – 37030 Cazzano di Tramigna (Vr) –
Telefono 320 7512705
www.vinipagani.it
info@vinipagani.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?