Appuntamento a Belleville di Sylvain Chomet
Swing e rane
Di Stefano Capone
Avete presente la sala di un vecchio cinema, di quelle con le sedie di legno e velluto rosso consunto?
Di quelle dove all’entrata ti staccano il biglietto colorato da un blocchettino anonimo senza il titolo del film.
Quelle sale dove senti l’avanzare antico della pellicola e vedi la polvere che galleggia danzante nel fascio di luce del proiettore.
Dove speri che a far girar la bobina ci sia un omino canuto e curvo, con gli occhialini e la faccia buona.
Ecco.
Se vi piace sprofondare in quest’idea di cinema scricchiolante e nostalgica non potrete non essere catturati irrimediabilmente da Appuntamento a Belleville (titolo originale Les triplettes de Belleville) film di animazione francese del 2003 di Sylvain Comet.
Io lo rivedo periodicamente, anche solo alcuni passaggi, proprio per guadagnarmi l’impagabile sensazione di lasciare il resto del mondo fuori e sedermi in un cinematografo di periferia degli anni ’30 tra signore imbellettate e signori col cilindro.
La matita rétro di Chomet ha disegnato la storia surreale, ironica, malinconica e tenera di una piccola nonna occhialuta impegnata a crescere ed allenare, in una Parigi a cavallo tra l’800 e il 900, il nipote ciclista per il Tour de France con a fianco il fedele Bruno, cagnone panciuto sempre affannato.
E la nonnetta dovrà salvare il nipotino dalle grinfie di una gang di malavitosi d’oltreoceano in una megalopoli americana di nome Belleville tutta creata dall’estro di Chomet.
Qui entrano in scena le gastrodeliranti Triplettes, tre poverissime vecchiette magre e grinzose, antiche glorie della canzone di rivista dei primi del secolo scorso, ancora agguerrite e traboccanti swing.
Ed è anche la musica protagonista in questo film.
Prima di tutto con la trascinante colonna sonora Rendez-vous à Belleville in puro stile Django Reinardth che appare con la sua chitarra gipsy all’inizio del film in un flashback dei trionfi canori delle Triplettes insieme ad una sexy Josephine Baker in gonnellino di banane ed un piroettante Fred Astaire.
La musica è importante anche perché a tutti i personaggi manca la parola, sostituita da canzoni, mugugni e versi pienamente comunicativi.
Ma l’atmosfera del film deve tantissimo allo stile ed al tratto del disegno di Sylvain Chomet.
Un disegno caricaturale ma elegante e intenso.
Una matita che riesce a restituire le sfumature e l’aria di un’epoca inconfondibile, anche se il film è fuori dal tempo.
Tornando alle nostre arzille cantanti in pensione, ci piacciono nella loro gastrodelirante passione irrefrenabile per le rane, unico cibo di cui si nutrono e che pescano e cucinano nei modi più improbabili: in inquietanti brodaglie, allineate in lunghi spiedini, in rinfrescanti ghiaccioli e in scoppiettanti popcorn di girini.
E la rana è simbolo di un mangiare povero e popolare procurato e cucinato con pochi mezzi ma che a dispetto della diffidenza dei palati schizzinosi è stata anche in molte regioni italiane, soprattutto del nord, cibo di tradizione e popolo, che fortunatamente ritrova spazio, giusta attenzione e dignità gastronomica soprattutto in molte sagre di cui avremo modo di parlare.
Ma adesso… Silenzio in sala…
Titolo: Appuntamento a Belleville – Le triplettes de Belleville
Data uscita:26 settembre 2003
Genere: Animazione
Regia: Sylvain Chomet
Sceneggiatura: Sylvain Chomet
Stefano Capone
Adorabile, semplicemente adorabile!