Di Fabio Riccio
Allora… occuparsi di cibo, ed essere ritenuto da alcuni “quello che ne capisce”, oltretutto con una vaga idea di come & perché io “ne capisca”, porta spesso a risultati esilaranti.
E… proprio ieri mi sono (senza intenzione) ritrovato nelle vesti di potenziale mentore su quale ristorante decidere per il pranzo della prima comunione di due pargoli, aspiranti comunicandi.
Arduo incarico, lo so.
Incappo per caso in questi due miei conoscenti, uno padre, l’altro nonno (giovane) dei rispettivi pargoli – sono dirimpettai di pianerottolo, ma nonostante questo non parenti tra di loro.
Entrambi hanno ricevuto l’incarico dalle rispettive famiglie di scovare un ristorante dove festeggiare come si deve il sacro evento: il pranzo della prima comunione degli infanti di famiglia.
Dopo i convenevoli di rito, arriva l’ineluttabile domanda.
«Fabio, tu che te ne intendi (di che? di cosa?) dove pensi sia meglio fare il pranzo della prima comunione di Ada e Ugo? Siamo tra le settanta e le ottanta persone»
Non faccio in tempo a riordinare le idee, che il “nonno” aggiunge:
«Stiamo valutando due ristoranti qui in città: da Gigino il lercio, o in alternativa anche da Francuccio low-letargy mc – che ne pensi?»
Mal me ne dolse…
Di Gigino il lercio (che piace tanto al mio amico barilotto) – ne ho già molto parlato qui su gastrodelirio qualche annetto fa, vedi – http://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/barilotto/2013/07/
Su Francuccio low-letargy mc invece è meglio spendere qualche parola, per meglio farlo “apprezzare” ai lettori di gastrodelirio.
Come aspetto esteriore Francuccio al primo sguardo sembra, anzi è ben più elegante di Gigino, ma da vicino si nota che la giacchetta blu cobalto che indossa ventiquattro ore al di’, è proprio la stessa che ha comprato una trentina di anni fa, rammendi e bottoni di diversa foggia inclusi.
Ma Francuccio low-letargy mc principalmente lo si riconosce (anche ad occhi chiusi) per il forte e fastidioso olezzo di fumo di sigarette di infima categoria che si porta addosso.
Un tabagista inveterato come non se ne vedono più.
Come scelta culinaria, nel suo ristorante Francuccio non si discosta troppo dallo stile di Gigino il lercio – fanno entrambi schifo.
Francuccio oltre la pretesa di essere un “faro” incompreso… della ristorazione nazionale, ha dalla sua un asso nella manica: la cucina più celere, più fresca e più performante di tutta la città, e forse oltre!
Come fa? E’ forse un mago?
Meglio, molto meglio…
Funziona così: non appena arriva per caso qualche (sventurato) cliente, subito dopo aver preso le ordinazioni, Francuccio esce quatto quatto dalla porta posteriore, e letteralmente si fionda nel supermercato che è a 200 metri dal suo locale, che per (sua…) fortuna fa’ anche orario continuato fino a tardi, e compra solo quanto necessario per attrezzare in qualche modo un pasto più o meno commestibile per i suoi clienti.
Francuccio low-letargy mc è un fulgido esempio di magazzino zero – la cucina “just-in-time”!
Un genio dei fornelli e della dispensa (vuota)!
La sua gestione del ristorante è meglio di un trattato di economia.
Il supermercato dal canto suo, non è poi malaccio come scelta di prodotti, basta mettere un pochino le mani nel portafoglio, e prodotti di buon livello si trovano, eccome.
Ma il nostro Francuccio low-letargy mc la mano al portafoglio non la mette affatto, anzi…
Non è tutto: oltre che oculatissimo trovarobe, Francuccio è anche il paladino incontrastato della trasfigurazione alimentare verbale.
Gli ordinano pesce?
Bene, anzi benissimo, così senza alcun ritegno le onestissime seppie giganti Mammuthus con ben in vista il regolamentare cartellino con scritto “pescato decongelato del nord atlantico” del supermercato, magicamente diventano nel piatto delle soavi seppioline mediterranee da fare in umido con piselli (surgelati).
Gli Homarus americanus, meglio noti come astici americani, in tutte le loro varianti di colorazione, con inserito tra le chele il cartellino allevati in zona FAO 21, una volte passati a miglior vita nelle (poche…) pentole di Francuccio, diventano senza alcuna titubanza, e confidando nell’ignoranza ittico-anatomica della stragrande maggioranza dei clienti, delle fantastiche aragoste di scoglio locali (?), e così via continuando, fino ad arrivare al triste petto di pollo da vaschettina sciuè sciuè di ignota progenie, che malamente impanato in una improbabile pastella cerealicola si trasfigura nientemeno che in un Gordon blu, si: è proprio scritto così…
Insomma, avrete già capito che Gigino e Francuccio sono due individui da tenere il più lontano da qualsiasi apparato digerente.
Eppure, contro ogni logica, hanno estimatori…
La pervicacia dell‘esistenza di ristoranti portati avanti da individui come questi, è la prova irrefutabile che la teoria dell’evoluzione della specie di Darwin è assolutamente sbagliata.
La loro presenza “su piazza” (pur senza prosperare…) la si spiega solo con la teoria del creazionismo, cioè, con quella “storiella” che narra di un vecchio signore con una barba lunga e bianca, vestito con una tunica, che dicono abbia creato tutto il mondo in una settimana (anzi: sei giorni – il settimo buon per lui si è riposato) compresi… Gigino & Francuccio.
E loro, li’ rimangono, e cucinano anche il pranzo della prima comunione dei loro malcapitati clienti, a dispetto di tutto e tutti!
Ma… torniamo alla nostra sacra comunione.
Cosa combinano i due, padre & nonno?
Alla fine della giostra, mi chiedono quale dei due ristoranti è per me il migliore.
«Sai Fabio, Gigino il lercio chiede 30 euro per questo menù tutto mare, che ne pensi?»
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Polipi al purgatorio.
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Polpetta locale di mare.
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Paccheri alla salsa di scoglio.
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Grigliatina di mare con granchio dello Ionio.
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Dolce della casa.
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Vino bianco della casa.
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Vino da dessert della casa.
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Gelato (non meglio identificato).
«Francuccio low-letargy mc per ben 35 euro offre questo…»
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Spumantino di accoglienza
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Carpaccio ittico alla maniera antica
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Lasagna di pesce trafilata al bronzo.
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Cappesante con verdure.
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Pallette di pesce alla portuale.
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Grigliata alla brace, o fritturina di scoglio, o Gordon blu (a scelta)
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Sorbetto al limone (ex scatola plastica del supermercato)
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Vino Bio di una “tal cantina” (in vendita a ben 2,05 euro a bottiglia al supermercato)
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Gelato.
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Pasticceria secca della casa (per meglio dire, del supermercato)
Leggo i foglietti “di preventivo” stentatamente composti al computer, oltretutto infarciti di svarioni sintattici e grammaticali da seconda elementare di questi due ristoratori (sic!), e mi si azzera la salivazione.
Basito.
Non riesco a rispondere a padre e nonno che pendono dalle mie labbra, in attesa del mio verdetto… poi sbotto:
«Fanno entrambi schifo!» dico tutto di un fiato!
Nonno e padre mi guardano sorpresi”…
«Ma perché, non sono buoni?» Mi dicono in coro…
A questo punto la discussione è inutile, siamo su pianeti diversi, e dopo qualche frase di circostanza politically correct, saluto i due e me ne vado per le mie faccende.
Ma perché qui grido di due posti (postacci…) dove “stare lontani” è solo un riduttivo eufemismo?
Semplicemente perchè Gigino & Francuccio, sono una esemplificazione di cosa è ora l’Italia – come tantissimi loro colleghi in ogni angolo dello stivale sono semplicemente degli “improvvisati”, così come i loro clienti. Stop.
Sono gente che quasi certamente in vita sua non avrà mai mangiato in un ristorante “serio”.
Sono gente che a parte il mestiere “pratico” – alias saper sistemare una tavolata e sporzionare velocemente, non ha davvero idea di cosa significhi la buona cucina, o la elaborazione e lo sviluppo del gusto.
Mi chiedo anche perché, proprio questi due individui, dai prezzi a prima vista decenti, vedi i 30 – 35 euro per dei menù pomposi, in realtà da quattro soldi, hanno ancora clienti che li frequentano, tessendone sperticate lodi su un noto sito di recensioni on-line, e su alcune tele private, e cosa ancora più sconcertante, rimanendone anche soddisfatti. Tafazzismo allo stato puro?
Ristoranti come questi, gestiti da improvvisati, “campano” unicamente per due ragioni.
La prima, è che in estate in un posto turistico (o quasi…) di “trippa per gatti” ce ne è per tutti.
La seconda è che con piccole cerimonie, che una volta si facevano in casa, come il pranzo della prima comunione, con mamme & nonne ai fornelli, loro qualche modo campicchiano, confidando sulla pigrizia, sulla la voglia di apparire, e sul “non essere da meno di nessuno”, tipica di certi clienti non troppo abbienti o solo di recente “inurbati”.
Non parliamo poi se il pranzo della prima comunione prevede anche l’animatore! Dio (per i credenti…) ce ne scampi & liberi!
Il sottoscritto, nel lontano giugno 1970 (costretto con le buone o le cattive) ha fatto la prima comunione.
Ma… pranzo e festa sono stati rigorosamente in casa, con i parenti più stretti, e con mamma & nonne ai fornelli. Fine.
Quarantacinque anni dopo, posso assicurare che il tutto mi è piaciuto, e che sono cresciuto senza nessun complesso di inferiorità verso quei (pochi allora) che già facevano i gradassi festeggiando la comunione al ristorante.
Ma forse… Gigino il lercio e Francuccio low-letargy mc dovevano ancora nascere.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Purtroppo di pseudo ristoratori l’Italia è piena.
Come sommelier, spesso sono “al lavoro” in pranzi da comunione, dove veramente mi devo arrampicare sugli specchi per dire bugie e stupidaggini sui pessimi vinacci proposti nel pacchetto pranzo + comunione + festicciola.
Francuccio e Gigino sono in ottima compagnia, ma peggio ancora sono quelli che frequentano questi postacci, che in un paese normale sarebbero stati già spazzati via.
Purtroppo la inesistente cultura gastronomica che impera in Italia (alla faccia di Expo e cuochi in TV a tutte le ore) crea questi eno-gastro-mostri.
Teniamoceli, sono anche loro il frutto di uno scellerato ventennio da cui forse stiamo uscendo fuori…
Non so dove è sito il ristorante di questo “francuccio”, ma posso assicurare che quasi in centro a Modena ne conosco uno maledettamente simile come modus operandi… quasi tutte le sere, verso le 19,30 lo si trova sempre al supermercato vicino casa mia…
Allora non sono ne un ristoratore, ne uno chef e nemmeno un addetto ai lavori.
Però so per certo, e scusate la battuta scontata, ma lo diceva anche mio nonno… che in queste occasioni si mangia spesso male, e nonostante amicizie e assicurazioni, si finisce sempre per mangiare in posti quantomeno discutibili, se non peggio, proprio come i due descritti qui…
Gentile signor Fabio Riccio,
ho letto solo ora il Suo articolo, su suggerimento del collega Ernesto (quello che ha scritto il primo commento qui) dato che non conoscevo il suo blog.
Leggere il suo articolo, mi ha intristito e fatto arrabbiare, ma nello stesso tempo mi ha dato speranza perchè in giro c’è ancora qualcuno che ha gli occhi aperti e capisce cosa è buono o meno in questo settore.
Detto questo, mi presento: sono Giovanni, anche io ristoratore, orgogliosamente di una famiglia di osti da tre generazioni, e con mio figlio salvo cambiamenti saremo alla quarta.
Sia io, che l’amico Ernesto siamo e lavoriamo a Milano città, e questo serve a renderle l’idea.
Ho superato i 60 anni, e ho visto cambiare in peggio questa città, i suoi abitanti, e anche i loro gusti, a tavola e fuori.
Quello che ha scritto così argutamente Lei, è ASSOLUTAMENTE vero e reale (purtroppo).
Milano, ma credo anche il resto d’Italia, sono pieni di personaggi come i due da lei tanto ben descritti.
Specialmente adesso, ne vedo ancora di più, forse in tanti si buttano al traino di questa roba da matti che sta diventando l’Expo, da cui mi tengo lontano quanto basta.
Sono personaggi che fanno solo male alla nostra categoria.
Improvvisati, ha detto bene.
Io che mi considero orgogliosamente un Oste, mi vergogno per loro.
Caro signor Fabio Riccio, le posso assicurare che Milano e dintorni sono letteralmente invasi di questi “squali” affamati solo di soldi facili, e frequentati da chi il cibo lo vede solo in TV.
Ma come lei ha ben scritto, l’altra faccia del problema è la impreparazione (la definirei “farloccaggine”) dei clienti, che per 30 euro pretendono un menù di prim’ordine.
Ma come si fa….
Trenta euro per un menù di (e con…) pesce come quelli da lei scritti, se non ci si limita a due pezzettini di polipo, un primo di pasta con un po’ di conchiglie (buone) e due cozze ripiene due, è economicamente insostenibile.
Io nel mio ristorante faccio sia terra che mare, e conosco benissimo i prezzi della materia prima.
Ragion per cui, trovo queste cose scandalose, e peggio ancora i clienti, mi permetta la parola, imbecilli che si fanno abbindolare.
Rimedi?
Onestamente al momento non ne vedo, noi stringiamo la cinghia e tiriam le stangh (come si dice in dialetto).
Purtroppo ad una popolarità esagerata di cibo e cuochi superstar (alcuni bravi davvero, altri bravi solo a mettersi davanti ad una telecamera) non corrisponde un raggiunto senso della realtà da parte della maggioranza dei nostri potenziali clienti.
Si vuole l’aragosta nostrana a 5 euro al Kg, o i gamberoni a 4 euro… come siamo ridotti male.
Ora chiudo questo sfogo, e se mi consente una piccola intrusione nel suo “privato”, le confesso che mio figlio molto più lesto di me con Internet, ha fatto un po’ di ricerche su di lei su gooogle, e con piacere immenso abbiamo capito e scoperto chi è lei in questo settore.
Chiaramente abbiamo buttato anche un occhio sugli altri articoli del sito, e abbiamo visto come è organizzato e scritto.
Ci piace gastrodelirio, e rimanete così, indipendenti e un po rompiscatole, che non fa male affatto.
Tutto questo solo per farLe i complimenti per la rara correttezza di quanto abbiamo letto a sua firma, molto lontano non dalla tendenza alla “marchetta” che me lo lasci dire, è molto comune a tanti suoi colleghi.
Con i migliori auguri di una serena e felice pasqua per lei e la sua famiglia.
Faccio una premessa: sono capitato su questa pagina per puro caso, mentre cercavo ben altro. Spesso però gli incontri fortuiti sono quelli più interessanti.
Sono un ristoratore, figlio di ristoratori e sono uno di quelli che da sempre “si sbatte” per dare buone cose alla nostra clientela.
Il nostro ristorante è presente anche da anni su molte guide gastronomiche, come il gambero rosso, michelin, espresso e altre.
Leggendo quanto scritto in questo articolo, non posso che essere d’accordo al 100% con quanto scritto.
Tutti questi improvvisati, semplicemente (scusate il termine pesante) sputtanano una categoria intera.
Di gigini e francucci ne è piena l’Italia intera, purtroppo.
Mi fa rabbia vedere però, che una bella fetta della clientela da ragione a questi banditi, e non a chi prova in tutti i modi ad essere onesto e corretto e a non avvelenare la gente.
Scusate la precisazione, ma di ristorazione me ne intendo, e vi assicuro che menù come quelli elencati in questo articolo, se realizzati con materia prima SERIA, e con porzioni degne di quel nome e non micro-assaggi, non stanno in piedi, i conti non tornano, e mi permetto di dire che i conti non tornano neanche se il tutto viene pagato in nero, cioè senza fattura o ricevuta fiscale.
Purtroppo, nonostante il tanto fracasso che fanno certi cuochi superstar che poi si riducono a pubblicizzano patatine in televisione e sui furgoni, il pubblico generico non distingue quasi per nulla chi lavora seriamente da questi squali come questi così ben descritti qui.
Scusate lo sfogo, e se non indico chiaramente il mio nome e quello del mio ristorante, ma il nostro è ambiente pieno di invidie, ma questo articolo lo avrei voluto scrivere io.
Saluti,
Ernesto
Carissimo “gastrodelirio” sono un affezionato lettore di questo blog ottimamente da te gestito e recensito.
La cosa che mi fa più divertire al di fuori delle ovvie recensione culinarie d’autore o no è lo spirito ironico e goliardico che regna perennemente nell’etere (inteso come spazio e non come anestetico afrodizzante…) di questo blog, oltre che all’autoironia che non guasta mai.
Non bisogna recarsi fuori dalla nostra Regione per assistere a vere ed indimenticabili opere di avanspettacolo di memoria “Gastoniana” o “Macariana”… Basta fare un giro in alcune trattorie/ristoranti locali per incontrare fatti,cose e persone che non hanno nulla da invidiare a Pirandello, Macario, Petrolini…
La scelta ed il genere e gli attori consapevoli o no che devono interpretare la recita è varia.
Dipende da come vogliamo impostare la serata a seconda del nostro umore al momento, scegliendo il ristorante a tono e a tema.
Dipende dalla personalità del proprietario del locale…
Ma tutto questo che cosa c’entra con “Gastroderio?” C’entra, c’entra. Oltre il gusto anche gli occhi e le orecchie, il naso e la lingua poveretta già impegnata in altre attività degustatorie vogliono e reclamano la loro parte.
E questo credo che” il narratore” di suddetto blog lo ha fondamentalmente capito e metabolizzato.
RIDENDO CASTIGAT MORES!!!
Ma il tempo delle” more” deve ancora arrivare e stiamo ancora a Pasqua.
Quindi auguri a tutti i lettori e alla redazione tutta di “gastrodelirio!”Buona Pasqua