Di Serena Manzoni
Sono giorni di tempo instabile: cieli azzurri e nuvole torve, pioggia e tuoni e poi torna il sole, un poco fa freddo e un poco il maglione si fa ingombrante, così il piumone.
Variabile. Variabile il cielo, variabile la mia disposizione dell’animo.
Agitata, inquieta, a tratti pacificata magari da qualche sciocchezza, tuoni e lampi, la testa in tempesta.
Ci vuole qualcosa che mi calmi, un gesto apotropaico, una tisana.
C’è una canzone che ha questo potere, una canzone e una voce, un pezzo che tra le altre cose descrive proprio un rito per scacciare diavoli e streghe, per la precisione quelli che potrebbero intervenire nella preparazione di un piatto che ha bisogno di un po’ di fortuna, come me.
Sto parlando della canzone ‘A çimma, dall‘album Le nuvole di Fabrizio de André, scritta con Ivano Fossati.
Il testo è in genovese e racconta appunto la preparazione della cima, piatto tipico bisognoso di alcuni riti per propiziarne la riuscita: una scopa dritta in un angolo serve a sviare l’attenzione di una possibile strega che si metterà a contare le paglie invece di rovinare la nostra bella e buona pietanza.
Una preghiera a Maria per cacciare i diavoli dalla pentola, mani sapienti e su e giù dell’ago nella carne tenera e anche per questa volta la cima è riuscita.
Che meraviglia!
Non state già meglio pensando all’odore di mare mescolato a quello della maggiorana?
Non sarebbe lo stesso se il pezzo non fosse in dialetto, la canzone stessa è un rito, una cantilena o una formula magica da ripetere modulando il respiro, staccandosi dal presente.
Non sarebbe lo stesso se la canzone non fosse interpretata dalla voce di Fabrizio de André, dolcissima in questo frangente ma sempre nitida, ne senti i contorni.
Certo, tutto questo lavoro e tutte queste precauzioni per non godere di quanto si è fatto, la cima viene presa dai camerieri, la cuoca lasciata nel fumo del suo mestiere, la prima fetta allo scapolo, la vita difficilmente è giusta, de André difficilmente ci lascia scampo, ma lo amiamo anche per questo.
Nonostante tutto, per me rimane una canzone calmante, mi culla e mi placa, come se facessi il morto su un mare con onde leggere.
Sarà il dialetto genovese, in fondo così esotico rispetto ad altri, sarà l’odore di Mediterraneo che invade improvvisamente la stanza mentre ascolti: ‘A çimma mi calma, come un gesto apotropaico, come una tisana.
Serena Manzoni