Evviva il lampredotto!

Di Serena Manzoni

Scusate il luogo comune: a volte, non tutte le ciambelle escono col buco!

Il tran tran quotidiano ultimamente si sta facendo un po’ oppressivo e per alleggerire un poco questo senso di pesantezza abbiamo pensato che non ci fosse nulla di meglio che cambiare aria, anche solo per un paio di giorni, andando a visitare una mostra in una città non solo geograficamente lontana dal luogo in cui viviamo. Pisa!

evviva il lampredotto
Amedeo Modigliani

C’è la mostra Modigliani et ses amis a Palazzo Blu e con Fabio decidiamo di andarci. La Toscana non è proprio dietro l’angolo ma riusciamo ad organizzare la traversata in treno incastrando gli orari in maniera praticamente perfetta; già che ci siamo vediamo di trovare in anticipo un luogo in cui rifocillarci che risponda alle nostre esigenze gastrodeliranti, il tempo è poco e non possiamo permetterci errori. Sfogliamo guide e cerchiamo on line qualcosa che faccia al caso nostro, incontrando la difficoltà di essere a Pisa di domenica, giorno in cui la maggior parte dei ristoranti italiani chiudono per riprendersi dagli affanni del fine settimana. Troviamo comunque qualche indirizzo, con qualche rimpianto per alcuni locali che avremmo voluto provare, ma comunque pieni di speranze per questo fine settimana vagabondo. Tutto è al suo posto: primo treno, cambio a Bologna e secondo treno, cambio a Firenze e terzo treno, il tempo di posare la scarna borsa al bed and breakfast vicino a Palazzo Blu, biglietto di ingresso già stampato per la mostra: saremo lì davanti alle 17.40!

Ma ecco entrare in gioco le ciambelle…il primo treno arriva a Termoli con 15 minuti di ritardo che diventeranno 25 che ci faranno perdere il treno per Firenze, ma per fortuna ci viene in soccorso il regionale veloce per Pisa che ci permetterà di arrivare alla mostra addirittura con un certo anticipo. La mostra è ben fatta in effetti, si riconosce un intento nel percorso proposto che tocca diversi aspetti dell’opera di Modigliani e della Parigi a lui affine, con le sue modelle, i suoi vizi, la scultura e le affinità con Brancusi e le sue difficoltà.

evviva il lampredotto

Forse avrei voluto un po’ più di Modigliani, non amo le mostre mostro ma qualche pezzo in più non avrebbe dato noia, anzi… il vero problema però è stato quello della troppa gente vagolante tra un quadro e l’altro, vociante e incalzante, brulicante. Usciamo da Palazzo Blu un po’ frastornati dopo aver fatto più volte il percorso avanti e indietro cercando di dribblare le comitive ciacolanti, nonostante tutto riusciamo ad incantarci davanti alla bocca socchiusa di un nudo e a scivolare sulle superfici lisce delle sculture di Brancusi. Si è fatta intanto l’ora di cena: dopo qualche dubbio decidiamo per una delle poche opzioni domenicali che, se non ci delude completamente, nemmeno ci entusiasma…pazienza, la prossima volta opteremo per una fuga infrasettimanale. Il buco della ciambella non era perfetto, ma nemmeno del tutto assente. Ma non finisce qui… su Pisa si scatena durante la notte una vera e propria bomba d’acqua (va di moda chiamarle così), tuoni roboanti, pioggia violentissima e grandine non ci permettono letteralmente di dormire: fuori si scatenano gli elementi e noi abbiamo una gran voglia di andarcene da Pisa, il buco della ciambella va scomparendo. Al mattino decidiamo di lasciare la città, ma la nostra prenotazione non ci permette di anticipare la partenza se non acquistando altri biglietti e allora decidiamo per il risparmio e restiamo. Il bailamme notturno per fortuna non ha fatto troppi danni, andiamo a Piazza dei Miracoli e facciamo il nostro percorso di redenzione: la bellezza ci permette di riconciliarci con la città e con il nostro umore, con la nostra ciambella.

evviva il lampredotto

Il lampo di genio gastrodelirante arriva però a Firenze: nei venti minuti che abbiamo in attesa della coincidenza decidiamo di dare una svolta gastronomica al viaggio, o la va o la spacca! L’idea è quella di trovare nei pressi della stazione un panino con il lampredotto, abbiamo poco tempo e come dei matti ci aggiriamo nei dintorni tra ristoranti cinesi che propongono la vera fiorentina, vetrine confuse in cui avvistiamo addirittura una ventricina vastese, mendicanti e viandanti ma finalmente eccolo! In una botteguccia, tra schiacciate e panini vari, compare la scritta pane con il lampredotto! Qualche dubbio ci assale, uno sguardo all’interno, lanciamo la monetina ed entriamo. Evviva il lampredotto!

evviva il lampredotto

Si tratta di un piatto a base di interiora: per la precisione dell’abomaso, uno dei quattro stomaci bovini, cotto a lungo con pomodoro, cipolla, prezzemolo, sedano e altri aromi.

evviva il lampredottoIl tutto viene estratto dal pentolone di ordinanza, tagliato, condito con sale, pepe, prezzemolo e olio piccante e adagiato come farcitura di un panino simile alla rosetta (semelle). La parte alta del panino viene leggermente immersa nel brodo di cottura per insaporire ulteriormente l’insieme ed ammorbidire il pane. Il sapore è sorprendentemente delicato e stupisce la leggerezza dell’insieme: gale e spanocchia compongono le interiora, le prime dal sapore più intenso, la seconda più grassa,danno all’insieme un equilibrio inatteso. Il panino con il lampredotto è un cibo di strada, venduto solitamente in tipici chioschi, i banchini dei trippai: il nostro non è stato preparato in uno dei suddetti, ma vi assicuro che era davvero gustoso.

Una simpatica conferma della bontà del prodotto è stato il fatto che uno dei ragazzi al lavoro nella botteguccia, si è preparato e mangiato egli stesso uno dei suoi panini. Insomma, è sempre rincuorante quando il produttore gradisce quello che produce. Lo abbiamo mangiato in piedi, appoggiati ad un tavolino di fortuna, solo dopo ci è venuto in mente che sarebbe stato spassoso mangiarlo nella prima classe del treno alta velocità che abbiamo preso subito dopo (prima classe dovuta ad un caso fortuito di tariffe e offerte delle ferrovie italiche).

E’ stato il mio primo panino con il lampredotto, mi perdonino quindi i fiorentini se la mia descrizione è stata un po’ approssimativa, mi riprometto di provarne altri la prossima volta che capiterò a Firenze, anche solo tra un treno e l’altro. Eh sì, perché il lampredotto significa che sei a Firenze, è tradizione ma soprattutto è territorio.

E se mettessero un chioschino dentro la stazione?

9 commenti su “Evviva il lampredotto!”

  1. Bello e simpatico l’articolo, però Pisa & pisani non mi sono simpatici.
    Ma… ragazzi, il lampredotto è semplicemente un qualcosa che spiega meglio di tante parole il bello dell’essere fiorentini.
    Se poi gli garba anche a chi fiorentino non è, tanto meglio!

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  2. Il cibo di strada sta tornando di moda… mi fa’ piacere.
    Poi il lampredotto… ricordi di universitario squattrinato a Firenze negli anni ’80… il panino con il lampredotto risolveva molti problemi!

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  3. Ma perchè le varie frattaglie e tutto il “quinto quarto” impauriscono i giovani?
    Preferiscono vedersi le loro belle “polpette” dentro quei miserrimi panini morbidosi con dentro tritato di tutto, invece che un po’ di sana trippa, oppure il già menzionato lampredotto?
    Che generazione di schifiltosi…

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  4. Qualcuno si ricorda del film amici miei, dove il grande e mai troppo compianto Paolo Stoppa, tirchio all’inverosimile che mangiava il panino con il lampredotto?

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    • Caro Cristoforo, ti posso rispondere io… Fabio (Riccio) si ricorda perfettamente di Paolo Stoppa e del suo rapporto con il lampredotto tanto che me ne ha fatto una piacevole “capa tanta” per giorni…

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  5. Perfetto: il lampredotto andrebbe fatto conoscere anche fuori firenze & toscana.
    Il problema è… semplicemente che tanti e tante appena sentonoparlare di budella e affini storcono il naso (per non dire di peggio).
    ma… vi immaginate voi frotte di giovanotti e giovanotte che invece di ingozzarsi di carni dall’ignota progenie in certi fast food, si fanno il loro cartoccetto di budella e stomaci bovini?

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  6. Gentile Signora Serena Manzoni,
    Conosco la “botteguccia” vicino a Santa Maria Novella dove ha gustato il suo panino con il Lampredotto, è una specie di mosca bianca in quella zona.
    In effetti in zona, stante il numero esagerato di persone forestiere di passaggio, e’ ben più facile trovare kebab, cinesi e pizzette che il lampredotto.
    Riguardo alla qualità di quello che ha mangiato, diciamo che in mia opinione “rientra nella media” di quello che si trova a Firenze. C’è di meglio, ma anche ben di peggio.
    Certo, al mercato di San Lorenzo stazionano banchini con davvero il meglio…
    Ma rimane il rammarico da una parte per l’inesistenza in zona stazione di chioschi di lampredotto, e il tenue raggio di speranza dall’altra dato dalla presenza di questo “angolino” di pane e lampredotto quasi sperso tra pizzette e altre cosine di rosticceria di questa botteguccia, una delle non tante ancora in mano a gente locale.
    Sarebbe bella l’idea di un lampredottaio dentro la stazione… una saporita e sana alternativa a tutte le cose precotte e pre-tutto che vendono!
    E… pensare che una volta quando si viaggiava, ci si premuniva del “cestino da viaggio” e se non bastava si passava prima dal lampredottaio per una ulteriore provvista di calorie per affrontare il viaggio.
    La saluto cordialmente,
    Paolo
    Chissà se le ferrovie ci hanno mai pensato…

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    • Da fiorentino, non posso che condividere l’articolo… Il lampredotto é parte integrante della cultura cittadina. Anche a me piacerebbe vederlo fuori dai luoghi “deputati”.
      L’idea del Lampredotto in stazione mi sembra indovinata.. Qualcuno dovrebbe suggerirlo a trenitalia o RFI, o come altro diavolo si chiamano le ferrovie ora…

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