Di Fabio Riccio
Parma. Sabato sera.
Un viandante di passaggio, affamato, alias il sottoscritto.
La “movida” (virgolette d’uopo) impazza con i suoi rumorosi prodomi già alle 20,30. Visto che sono in zona, sono a caccia di un locale segnalatomi, che vorrei “sperimentare”.
In qualche modo lo scovo, ma dire che è affollato è riduttivo – è zeppo come un uovo, inoltre fuori la porta, staziona un capannello di astanti inferociti come e peggio di quando iniziano i saldi da Marks & Spencer oltremanica, logicamente (qui) in attesa che si liberi un qualche posto. Rinuncio all’impresa.
Vabbè, direte voi – è sabato sera – che diavolo pretendi?
Così, mesto e con la canonica coda tra le gambe, inizio un pellegrinaggio per il centro della città emiliana, ma gira e rigira tutti i locali mangerecci che hanno (per me) un minimo di richiamo sono zeppi…
Medito già l’andare a letto senza cena, oppure con una qualche dose di quelle (pessime) calorie a buon mercato che propinano i tanti pseudo-fast-food-etnici per universitari squattrinati dallo stomaco foderato di ferro…
Non lontano dal mio B&B, in una traversa noto un posto che prima mi era sfuggito. Anche questo affollato, ma un po’ di meno degli altri. A “naso” può andare.
OSTERIA VIRGILIO
Entro.
Il posto da subito mi piace.
Scorgo alle spalle del bancone salumi ammiccanti e bottiglie a me ben conosciute…
Chiedo se hanno posto, anche in sgabello al bancone.
Sono da solo, e chiedere un tavolo esclusivamente per me di sabato sera mi sembra inappropriato, se non provocatorio e poco rispettoso di chi ha una attività commerciale.
Al Bancone c’è posto, eccome – finalmente mi rilasso.
Il pensiero di ingerire un po’ di calorie di qualità, ridà speranza nel genere umano.
Chiedo cose c’è, e l’Oste (maiuscola d’obbligo!) mi sciorina tante allettanti e golose proposte, tutte in qualche modo legate al territorio, tutte non banali….
Opto per un piccolo tagliere di salumi come antipasto, e per dei tortelli alle erbe come primo.
Nel frattempo chiedo cosa c’è da bere, e l’Oste inizia con una bella lista di etichette.
Sorrido.
Gli chiedo se ha al calice qualcosa di “naturale” – l’avessi mai detto! Come d’incanto si palesa sul bancone un carosello di bottiglie da far schiumare di rabbia i miei tre osti di riferimento.
Tanta Emilia, un po’ di Lombardia, Sicilia e Friuli, ma non solo… La serata (forse) butta bene, anche per Bacco & dintorni.
Opto per un calice di rosso di Barraco e poi per una Rebula dalla Slovenia… Nel frattempo, ecco che arrivano gli insaccati (e non solo…).
Parma
Cuore del distretto della cosiddetta food valley, ma anche uno dei vertici (insieme a Cremona, Mantova e Modena) di quella sorta di sfumato parallelogramma dell’insaccato dove in mia opinione si trovano, si gustano e si producono i migliori e più saporiti salumi della nazione. Stop.
Qui il prosciutto ha la giusta e debita quantità di grasso, non come sotto la linea gotica – dove certi “salutisti” barattano il gusto con le loro fisime osannando prosciutti accuratamente sgrassati che a Parma (ma anche a San Daniele) sarebbero usati solo come oggetti contundenti.
L’affettatrice non ha requie, lavora tanto… si ode uno sciabolar di lame rotanti che da solo stimola l’appetito.
Assaggio la prima fettina di prosciutto, ed è subito una folgore di piacere, quasi fisico – oserei dire di amor profano – voluttuoso, suadente…
Sono capitato al posto giusto, (ogni tanto) sono fortunato.
I salumi sono semplicemente eccezionali, gastrodeliranti direi…
Nel frattempo L’Oste (che per inciso si chiama Virgilio) stimolato dalla mia propensione per i nettari bacco dello sfumato mondo del “naturale”, decide di mettermi all’ingrasso portandomi in assaggio più calici di quasi tutto quello che stappa per accontentare la sala.
Sono decisamente allegro.
Nel frattempo arrivano anche i tortelli, davvero eccellenti conditi nei loro burro & parmigiano d’obbligo, sempre alla faccia del colesterolo e di tutti quelli armati di tabelle contacalorie.
Si sta bene – anche da solo, in una sera a Parma ad osservare segni ed atteggiamenti della fauna umana che popola il locale.
Quattro chiacchiere (nei limiti permessi dal delirio di gente da sabato sera) con l’Oste che, si dimostra un vero pozzo di informazioni sia sul cibo, che sulle bottiglie che continuano ancora a venir fuori a buoni ritmi da reconditi anfratti nel bancone.
Il popolo che frequenta il locale per certi versi mi è familiare, è un popolo, o per meglio dire una “tribù di umani” che già conosco, e di cui pur con diversa residenza faccio anche io parte.
L’atmosfera è allegra, la piacevole baraonda si prolunga, come anche i miei calici che l’oste di continuo provvede a riempire.
Ma nonostante i vari e diversificati assaggi sono lucido, attento, vigile.
Arriva il momento del dolce…
Tra le varie proposte opto per la sbrisolona – un po’ di Mantova ci sta bene. E’ buona.
Bicchierino di accompagnamento, e la serata felicemente si avvia al termine. Domani si va a Fornovo in fiera… è meglio conservare il fegato in buono stato.
A sbrisolona finita e a conto pagato (a proposito: prezzi onesti e ben commisurati all’ottima qualità del tutto) arriva la sorpresa.
Un (ennesimo sic!) calice di rosso.
Ricomincia l’avventura.
E’ un Rosè di refosco 2010 (per essere più precisi quello dal peduncolo… – la differenza c’è!) di Denis Montanar.
Denis è in sala, anche lui a Parma prima delle “fatiche” di Fornovo tredicesima edizione.
Gran bella persona – ama il suo lavoro, la sua terra, il suo vino.
Ci crede…
Chiacchieriamo amabilmente di varia umanità, e intanto mi passo fra le mani e osservo il calice del suo vino… In passato ero ben più propenso nel bere rosè, rosati, cerasuoli e affini dal colore non carico.
Poi, pian piano, con il maturare e l’evolversi del (mio) gusto ho relegato questi vini nel reparto dei vini “facili” per serate non impegnative. Un errore di supponenza, lo ammetto.
Assaggio il rosè di refosco.
Al colore è ok.
C’è un pizzico di rifermentazione, forse un po’ di residuo zuccherino, ma per me non è un difetto, anzi: è segno che in bottiglia c’è un qualcosa di vivo, un qualcosa che mostra impazienza.
Al naso da subito deflagra in una vera e propria scossa di mille fiori e un netto, anzi nettissimo sentore di rose, ma da subito al palato quello che più colpisce e affascina è la marcata acidità, aguzza come in certi Tokai (oops… si dice Friulano!) del Carso, o come certe Rebule Slovene fatte come Dio comanda, cioè senza alchimie di lieviti e altre porcate che le avviliscono, trasformandole in insignificanti profumerie di primavera.
A questo punto butto alle ortiche la tecnica, e lascio che sia il cuore a decidere e giudicare. E’ questo l’unico approccio per comprendere a fondo un vino come questo.
Il Rosè di refosco 2010 mi piace, mi incuriosisce in tutte le sue sfaccettature – in un sol colpo ha cancellato tutte le belle etichette già assaggiate in serata.
Mi stupisce.
In un solo calice c’è tutto un mondo, c’è un’evoluzione travolgente, ad ogni sorso scopro del nuovo, c’è profumo di terra, c’è profumo e sapore dell’acino come se lo avessi addentato, c’è l’odore della cassapanca della nonna…
Il Rosè di refosco 2010 fa’ volare la fantasia, immaginandolo come ospite d’onore ad una bella tavolata con gli amici giusti, con un bel salame da affettare, e con pane e formaggio da distribuire…
Non è un vino per enofighetti di periferia o provincia.
Non è un vino per enologi “superstar” alla ricerca della perfezione, che per me significa zero personalità…
Non è nemmeno un vino per (certi…) sommelier in divisa, perennemente anche loro alla ricerca di difetti, e sempre pronti a gridare “Lavandino! Al lavandino!”
Ma… è il vino per chi crede che nella giusta dose, e senza eccessi, il nettare di bacco sia una delle cose belle della vita.
Così semplicemente… un vino gastrodelirante, davvero…
Quando senti qualcosa che ti fa vibrare il cuore, non domandarti mai cosa sia, ma vivilo sino in fondo, perchè quel brivido, quella sensazione si chiama Vita.
Alda Merini
Osteria Virgilio
Azienda Agricola Denis Montanar
33059 Villa Vicentina (UD)
Via Malborghetto, 4
Località Borc Dodon
Tel. 366 1400327
info@denismontanar.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Da Virgilio non si sbaglia mai… sia per il cibo sia per il vino e la competenza nel consigliarlo.
Bravo!
Un “OSTE” (maiuscole d’obbligo) come Virgilio non è facile trovarlo, con o senza lanternino, visto anche la situazione gastronomica di Parma tutta fumo e ben poco arrosto…
Lunga vita all’Oste
Grande Denis! Ad averne di più di produttori come te… Davvero dei vini da emozione.
Ad maiora!