Di Fabio Riccio
Ieri ho acceso la tv.
La guardo pochissimo. E’ un vecchio modello a tubo catodico, che però funziona al meglio.
Facendo zapping tra i canali, la mia curiosità è catturata da una intervista a un agronomo di piccola popolarità, che però “si vende bene” e si atteggia a enologo “di rango”. Il bravo intervistatore, come da copione, inizia a fare un po’ di domande su come andrà la stagione vinicola.
L’agro-enologo (chiamiamolo così…) abile nel mettersi di trequarti di fronte la telecamera, e forte della sua capacità dialettica, inizia da subito a sciorinare il (non solo suo…) solito mantra sul fatto che il vino prima di tutto lo si fa’ in vigna, poi in cantina lo si asseconda solo.
Alla quinta reiterazione del mantra, l’intervistatore con uno scatto di orgoglio, abbandona i luoghi comuni e fa’ finalmente una domanda degna di quel nome –
«Ma… viste le strane e quantomeno inusuali condizioni climatiche di quest’anno, come si prospetta in zona la qualità del vino che verrà prodotto?»
Panico…
L’agro-enologo è stupefatto, basito… dimentica anche la posa di di trequarti verso la telecamera. Non si aspettava una domanda del genere, è in evidente difficoltà.
Palesemente nervoso, si gratta la testa, e con gli occhi rivolti al cielo e con una pausa degna del Craxi dei migliori anni dell’Italia da bere, sentenzia –
«Qualche problema c’è, bisogna ammetterlo.»
L’intervistatore lo incalza.
«Problemi di che genere?»
«Problemi di qualità, il clima “balordo” quest’anno ha favorito in vigna gli attacchi di parassiti, funghi e altri microorganismi oltre il normale. L’annata rischia di essere di quelle “non memorabili”» (sic…)»
«Cioè… la qualità del vino prodotto potrebbe risentirne in maniera notevole?»
«Si: è un rischio concreto»
«E… cosa si può fare per ovviare a una situazione del genere, situazione che può avere ripercussioni negative sul piano economico?»
«Le moderne tecnologie sono di grande aiuto. Ci sarà molto da lavorare in cantina per “tamponare” quello che una annata come questa ci offre a livello di materia prima.»
«Ci spieghi meglio.»
«La tecnologia e l’abilità degli enologi (sic), a volte riescono dove la natura ha fatto le bizze. L’unica cosa a cui non si può ovviare, causa “attacchi” di malattie varie, come la peronospera e altri oomiceti etc etc, sono le minori rese.Per il resto in cantina si fa’ tanto.»
«Quindi, il consumatore medio, e gli appassionati di vino, per questa annata cosa possono attendersi?»
«Non c’è troppo da temere. A parte le rese decisamente minori che si tradurranno in piccoli aumenti di prezzo al dettaglio, in cantina si farà il meglio per immettere sul mercato un prodotto per quanto possibile buono, sano e cosa molto importante, ben riconoscibile. Ripeto: la tecnologia di cantina ha negli ultimi decenni fatto passi da gigante, permettendo di ovviare a tanti problemi.»
Fine dell’intervista. La telecamera riprende la scena bucolica dell’agro-enologo che pensieroso se ne va’ per la sua strada, tra i filari di un non meglio identificato vigneto. Quasi il finale di via col vento…
Ma… porcaccissima miseria!!!
Caro signor agro-enologo o eno-agronomo che dir si voglia…
Prima ripeti ‘sto disco incagliato che il vino lo si prima di tutto in vigna – e lo ripeti fino allo sfinimento, perché sai bene che di ‘sti tempi tutto quello che ha “l’aura” di naturale, o di poco trattato, va forte e vende bene.
Poi, preso di contropiede da uno scatto di orgoglio di un giornalista che, evidentemente ha un po’ “barato” dalle domande preventivamente concordate, senza il minimo senso del ridicolo cambi repentinamente opinione, e ti spertichi in lodi per quel che si può fare in cantina con la moderna tecnologia… La coerenza in cantina – Ci fai o ci sei???
Una tempo, le annate come questa, le si definivano “pessime” – stop – l’anno prossimo se va bene, si farà di meglio – era questo il motto.
Ora invece, se la situazione non è proprio di disastro totale, si riesce a fare molto.
Caro agro-enologo… e il terroir di cui in altre occasioni tu, e i tuoi colleghi, vi riempite la bocca?
Il concetto francese del terroir, ben più complesso e articolato di quello italico, di cui in tanti, forse troppi si riempiono la bocca, dove lo mettiamo?
Un po’ di coerenza per favore!
Vabbè che le telecamere (anche se in programmi di serie “B” piacciono, ma nel giro di tre minuti saltare la barricata, contraddicendosi palesemente mi sembra davvero troppo… davvero una piccola e in un certo senso squallida storia provinciale…
Ri-cito qui di nuovo un brano tratto da Vino al vino del mai troppo compianto Mario Soldati, che pur non essendo propriamente tecnico, già quaranta e più anni fa’ con il dono della preveggenza portava avanti e postulava idee che solo negli ultimi anni sembrano aver trovato spazio nel mondo del vino…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Purtroppo di individui come descritto qui al mondo se ne vedono tanti… e non solo nel campo del vino, vedi il mondo della politica.
Da persona che lavora nel campo “del vino” posso assicurare che non è il solo che pensa (?) e agisce così.
Basta che di fronte abbiano una telecamenra, o un po di gente che li ascolta, e pur di apparire ti dichiarano anche che il vino lo si può fare con le rape rosse o le barbabietole…