Di Fabio Riccio
Mai capitato di restare senza pane in casa? Oddio… proprio senza no, nel freezer stazionano da un po’ due oneste michette, ma quelle sono solo in caso di bombardamento nucleare o di scioglimento dei ghiacci, con conseguente mutamento dei 50 metri quadri dove dimoro in un’isola, o giù di li’. Non amo il pane conservato sotto zero, amo quello fresco e fatto bene, e con il lievito lievito!
Al bando lieviti chimici, bicarbonato, ammoniaca, cremor tartaro e le altre alchimie che fanno solo finta di far lievitare il pane…
Fatta questo preambolo, torniamo al motivo di questo post.
Non lontano da casa mia, c’è un bravo porchettaro al cui “porchetta-shop” cui prima o poi dedicherò qualche riga, che (come ieri sera) talvolta risolve brillantemente il problema della cena in casa gastrodelirio.
Ieri sera appunto, compro la mia brava razione di porchetta.
Calda, buona, ben aromatizzata e con crosticina giusta, da manuale insomma – ottimo e gustoso succedaneo nei confronti di una cena più impegnativa.
Ma è solo dopo l’acquisto della porchetta che inizia il dramma: in casa non c’è pane!
Sono le 21. Iniziamo un (disperato…) giro in città per vedere se qualcuno dei negozi aperti fino tardi per l’afflusso di villeggianti (mamma che parolone – beoti sarebbe più appropriato) ha un qualche rimasuglio di prodotto da forno, possibilmente ancora edibile, per accompagnare la suina carne porchettata.
Al quinto negozio sfornito di pane, mi viene in mente che un tal panificio non lontano potrebbe essere l’indirizzo giusto. Spesso, fuori dalle ore canoniche l’ho visto aperto…
E… per fortuna (?) è aperto. Evviva!
Con Serena ci fiondiamo dentro, e da li’ in pochi minuti inizia una piccola commedia dell’assurdo degna di Beckett o Jonesco…
Cosa c’entrano i due grandi esponenti del teatro dell’assurdo con una panetteria? Forse Estragon aspettando Godot si fa’ un panino oppure un trancio di pizza bianca? – Niente di tutto questo…
Premetto: in città il livello generale delle panetterie e del pane venduto è buono, basta saper scegliere.
In tanti negozi e panetterie, ma anche in alcuni supermercati si trovano ottimi pani freschi di giornata, nella maggioranza artigianali, provenienti anche dalle regioni vicine – Le massaie locali hanno davvero pane per i loro denti!
Invece… il nostro panificio aperto “in notturna”, pur se pulito, elegante e ben accogliente, in mia personale opinione non ha mai fatto del buon pane.
Però… vista la contingenza, mi accontento di tutto.
Entriamo, e tra gli scaffali (giustamente…) sforniti vista l’ora tarda, fanno bella mostra di se’ solo un tristanzuolo pezzo di pane dalla forma lunga (quella che a Napoli chiamano “spaccatella”), e delle piccole pagnottine dall’aspetto ancor più trasandato.
Per puro scrupolo chiediamo cosa è rimasto, e il panettiere (un simpatico ragazzotto un bel po’ imbranato a onor del vero) ci comunica che quello che vediamo è tutto. Stop.
Chiediamo una delle due pagnotte… il baldo giovin panettiere però ci avverte: occhio che questo è un pane senza lievito.
Rimango perplesso… vabbè che le pagnotte in oggetto non hanno un aspetto invitante, però…
Basse, begioline color cane-che-scappa e dalla crosta troppo uniforme. In poche parole sospette.
Per quel che so io però, il pane senza lievito è altra cosa.
Il vero pane senza lievito (azzimo) lasciamolo ai rituali ebraici e alle ostie che si distribuiscono ai fedeli (le ostie, alla fin fine… sono un altro retaggio ebraico, introitato in qualche modo dal cristianesimo).
Quindi… ‘sto pane senza lievito che diavolo è?
Senza farla lunga, traspongo qui il breve dialogo intercorso tra me, Serena e il baldo giovin panettiere.
- Panettiere – e poi, c’è il pane senza lievito…
- Noi – Ah! Tipo quello arabo?
- Panettiere – (con faccia perplessa…) tipo questo qui? E ci mostra le pagnottine dall’aspetto trasandato descritte in precedenza
- Noi – In che senso senza lievito?
- Panettiere – che non c’è il solito lievito.
- Noi – per caso c’è la pasta madre?
- Panettiere – ehhhh… si! Se volete ve lo taglio perchè è molto duro.
- Noi – strano, con il lievito madre il pane è comunque morbido… comunque abbiamo un buon coltello da pane.
-
Panettiere – ehhhh… ma questo è proprio duro!
-
Noi – vabbè, dacci quell’altro pane.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Allora i problemi del mondo del pane e della panificazione sono principalmente quattro:
1 – la vera e propria invasione nella gdo di prodotti industriali semilavorati di modestissima qualità e provenienza dubbia. Vedi le ormai stranote “baguettes dalla Romania” che dopo 24 ore son solo buone come oggetto contundente.
2 – I panettieri improvvisati, che senza esperienza e capacità anche loro scaldano e impaccano semilavorati vari, spesso spacciandoli per cosa loro…
3 – le scuole professionali. Qualcuna forma anche gente valida, ma tante tirano a campare…
4 – l’abbandono dell’apprendistato, in pochi vogliono sgobbare nelle ore piccole, e neanche vogliono sacrificarsi un po’….
Il risultato di tutto questo?
E’ tutto scritto nell’articolo!
Panettiere improvvisato dovevate titolarlo!