Di Fabio Riccio
Forse i lettori più assidui sanno già come vanno normalmente le cose all’ora di cena a… casa gastrodelirio.
Indecisioni, ripensamenti, riflessioni, una gran dose di pigrizia e sempre la voglia di uscire in qualche modo dall’imperante “banale” che, contraddistingue le cene di tanti Italiani, specialmente di quelli che causa lavoro, si liberano sempre sul tardi, alias ore 21 o giù di li.
Invece, l’altra sera, l’amletico interrogativo sul cosa fare per cena è stato risolto in modalità quasi “gordiana” dal sottoscritto che, (saggiamente?) in precedenza, si era recato dal suo macellaio “di fiducia” – che per fortuna è anche sotto casa – per procurarsi una buona provvista di salsiccia molisana, sia piccante che dolce.
I lettori di gastrodelirio che risiedono a nord della “linea Gustav”, probabilmente non conoscono la salsiccia molisana.
La descrivo in breve. C’è da premettere che in Molise e dintorni il concetto di salsiccia è un po’ diverso dal resto della penisola.
In Molise sotto la dicitura “salsiccia” si celano ben due cose diverse. C’è la salsiccia “fresca”, alias quella da cucinare come meglio si crede (alla piastra, in umido, sotto la coppa, saltata in padella etc etc), e poi c’è quella “essiccata” che si mangia affettata come fosse un salume.
Purtroppo, e questo per ragioni storiche e culturali, è prassi consolidata nella cultura gastronomica del molisano medio (anche dei presunti “buongustai”) il considerare e confondere… la salsiccia essiccata con il salame – errore questo forse un po’ sciovinistico, ma fatto da molti – troppi forse.
La salsiccia molisana è prodotto semplice, ma se ben fatto, è davvero magnifico, proprio per la sua disarmante semplicità.
Carne tritata grossolanamente “a punta di coltello” – alias a pezzettoni mediamente grossi (non tritata fine come altrove) salata e aromatizzata quasi esclusivamente con finocchietto e peperoncino, sia dolce che in vari gradi di piccante. Tutto qui. A ben pensarci quasi una salsiccia Zen!
Come dicevo prima, parliamo di un prodotto essenziale, che nella sua versione “essiccata”, pur se piacevole e golosa, a mio modesto parere non regge il confronto con la complessità gustativa dei salami più rinomati che arrivano da nord.
Storia ben diversa per quella fresca, dove il tutto è affidato al “buon manico” del macellaio, che se non usa carne di qualità, finisce quasi sempre per realizzare cose niente affatto memorabili.
Per fortuna la maggioranza dei macellai molisani sa’ il fatto suo, e anche mio fidatissimo macellaio, che con la sua ottima carne ci sa’ fare davvero, produce salsicce davvero notevoli.
E così… più o meno alle 21,15 le nostre brave salsicce prendono la strada della padella, e tempo una decina di minuti o giù di li’, anche quella del piatto, in questo caso con una bella dose di patate fritte, preparate a parte qualche minuto prima.
Cosa ci si può bere sopra? Cenare a salsiccia e acqua è un po’ triste, non credete?
Ed ecco che interviene Serena con uno dei suoi “colpi d’ala”.
Dalla ormai nota cantinetta dinamica a inizio corridoio, arriva una bella bottiglia d’oltralpe: un Touraine La Butte 2013.
Uve biologiche e biodinamiche, Pinot Noir e Gamay. Dietro il tutto, c’è un gran nome: Thierry Puzelat.
In cantina e in vigna si lavora molto, ma nello stesso tempo in vendemmia si fa’ un vino con tantissimi “senza”, dove i “con” sono solo il minimo indispensabile per non trasformare il vino in aceto anzitempo.
Viti non eccessivamente vecchie, tra 15 e i 20 anni, terreno argilloso, gesso sparpagliato qua e la’, tanto sole e ovviamente il gran “manico” del vignaiolo che ha ben chiaro il concetto di terroir, logicamente nel pieno significato di questo termine come intendono oltralpe, e non di come spesso se ne riempiono la bocca tanti enosaccenti italici.
Al calice il Touraine La Butte 2013 sfoggia un gran bel rubino non troppo carico, mentre al naso all’istante è una epifania di ciliegia, che pian pianino si evolve in spezie balsamiche, come il pepe bianco.
Al palato, l’attacco è decisamente fresco, frutta rossa a go-go ma anche una freschezza che persiste, e questo anche per la giusta acidità che da’ struttura a questo che è si’ un vino leggero, ma nell’accezione più nobile del termine.
Il finale è buono, forse con un po’ troppe piroette della ciliegia che prima di arrendersi, gioca a rimpiattino con l’acidità, senza però sovrastarla…
Un vino che (credo…) va’ bevuto giovane.
Come tanti vini “giovani”, anche il Touraine La Butte 2013 mostra qualche piccola nota di volatile che, nell’evoluzione diventa a tratti, anche balsamica… di certo (per me) affascinante ma (per qualcuno…), forse spiazzante.
Un vino che come tanti della sua tipologia “naturale” (virgolette d’obbligo altrimenti Salvo Foti mi tronca!) ha la capacità di andare dritto al cuore, regalando piccole e intense felicità ai sensi, senza gli inutili e sterili esercizi retorici che tanto amano certi enosaccenti di periferia.
Un vino che è semplicemente buono, in ogni caso senza dubbio gastrodelirante.
Un solo rimpianto… la salsiccia e il vino una volta conosciutisi si sono bellamente ignorati.
Entrambi ottimi e invitanti da soli, messi insieme non hanno creato quella ulteriore magia che avrebbe reso il tutto ancora più godibile, proprio come gli asparagi e l’immortalità dell’anima.
Risultato? Beh… nulla di grave, si rimedia facilmente!
Una volta divorata l’ottima salsiccia e le canoniche patate fritte in quantità degne di Tex Willer, usando nostro malgrado come lubrificante del gargarozzo qualche sorso d’acqua, decidiamo di terminare la bottiglia con la meritata calma a fine pasto (ma… secondo voi, la lasciavamo li’ a diventare aceto???)
Per la serie… non tutte le “coppie” vanno d’accordo!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?