Di Fabio Riccio
Estate, caldo. Garbino, altrimenti detto favonio, altrimenti noto anche come scirocco – è un vento, caldo, talvolta caldissimo.
Verso le sei di sera, turisti cotti e abbrustoliti dalla overdose di sole, in genere non giovanissimi, cercano qualcosa di diverso dalle spiagge prima dell’ora di cena, o dell’aperitivo a buon mercato di certi bar del centro.
Nei posti turistici sul mare (o presunti tali), c’è sempre qualcuno che volenterosamente in estate tira fuori dal canonico “cilindro del mago” iniziative per tentare di tenere su’ di morale dei turisti.
La degustazione di “vini tipici del territorio” ci sta sempre bene, anche se fuori ci sono 35 gradi all’ombra, e lo scirocco aumenta il rischio di incendi, e i formaggi del vicino banchetto sudano le proverbiali sette camicie, rendendo scivoloso lo spazio davanti al loro gazebo. Insomma: la quintessena della provincia autoreferenziale.
In queste occasioni ormai “canoniche” e prevedibili quasi come l’anticiclone delle Azzorre, non manca mai il sommelier di turno, incredibilmente in giacchetta scura & tastevin, un qualcosa esteticamente simile al famoso sommelier “AccA” vedi –https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/il-professor-g-e-il-vino/2014/04/
Avete presente cosa fanno certi (non tutti per fortuna) sommelier in queste (e altre) occasioni?
Se capaci, o se freschi di dentista dispensano sorrisi da tre dozzine di denti, invitano gli abbrustoliti turisti di passaggio (alcuni con pigmentazione cutanea simile al colore di certi Chianti da battaglia) nei loro gazebo per assaggiare i famosi vini, delle ancor più famosissime cantine della zona.
Ebbene, questi sommelier a prima vista potrebbero far parte di quella specie non in estinzione di quelli che hanno la giusta abitudine di scandagliare un vino da capo a fondo, descrivendo aromi e sapori che il comune mortale neanche sapeva che esistessero, e fin qui ancora tutto bene, anzi…
Invece… il resistere stoicamente a temperature più adatte alla tostatura della Coffea arabica che alla degustazione dei nettari di bacco, ha un costo. Embè? Mica ci vengono gratis sotto i raggi del dio Helios i sommelier, che sono scemi?
Volete mettere voi l’usura della giacchetta d’ordinanza sotto il sole giaguaro? Il rischio che si stinga un pochino? Il rischio che il tastevin in vero-finto argento si opacizzi come certi giolielli di pricisbecco?
Cosi, i simil-sommelier-Acca per guadagnarsi la giusta remunerazione stringono i denti e iniziano a sommergere il malcapitato di turno con un florilegio di paroloni, senza accorgersi che magari chi è di fronte, a stento riconosce un bianco da un rosso.
Profumi e gusti improbabili, paroloni davvero fuori contesto per il pubblico di un gazebo estivo che a stento ripara dal sole –
Cito: sentori sfumati di foraggio silano… (calabro o da silos?) – retrogusto di sorbe surmature… (avranno mai assaggiato una sorba??) – fondo di tabacco da pipa che si sovrappone alla giusta acidità (il Drum o il Clan con gocce di limone?)
Il bello di tutto questo è l’esaminare la faccia del turista (malamente) rosolato di cui dicevo prima. Sgomento, fastidio, sensazione di essere presi per i fondelli, e così il copione quasi sempre si ripete: dopo un attimo di labbra posate sul calice e un veloce colpo di lingua nel nettare di bacco, arriva il momento della fuga, spesso senza neanche dire un semplice grazie.
Invece… avete mai sentito uno di questi sommelier “da spiaggia” (sempre in giacchetta eh…) dire “che dici, ne ne berresti un’altro bicchiere?” Oppure… vale davvero la pena di comprarne una bottiglia per berla a casa! Mai sentito, purtroppo. Che tristezza…
Questo “fatterello”, purtroppo desolatamente vero, è esemplificativo dell’approccio di tanti, troppi sommelier, un approccio “iniziatico” da novello Cagliostro, un approccio esageratamente tecnico anche quando il pubblico presente distingue a malapena i colori del vino, dimenticando e perdendo di vista la cosa più importante, che è la godibilità, la piacevolezza, e… se dopo un assaggio e un approccio diciamo così “emotivo”, nasce la necessità di berlo di nuovo (o meno) semplicemente perché è buono e piace.
Questa prassi decisamente fuori luogo, è quanto di meglio c’è per far scappare i potenziali bevitori consapevoli (non uso la parola esperti).
Un approccio cattedratico da soloni di provincia, che senza se’ e ma’ va rigettato, un approccio che porta solo ad allontanare tanti potenziali bevitori consapevoli, portandoli ad appassionarsi a vini di profilo praticamente opposto (alias Tetra Pak®), oppure a preferire altre bevande, (magari dal grado alcolico inferiore) meditate gente, meditate…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Purtroppo questa descritta é la quasi normalità da posto di vacanza. Per fortuna in circolazione però ci sono anche sommeliers seri e preparati. Concordo invece sul fatto che l’eccessiva frammentazione delle associazioni di settore é un male, e secondo me sta influendo in maniera molto negativa sulle qualità e capacità di chi viene formato…
Ho scoperto solo da poco questo sito, e in tutta onesta’ devo dire che mi piace e continuero’ a seguirlo. Mi diverte e intriga la scelta di dedicare tutto lo spazio enologico per i “vini naturali”.
Voglio dare anche io il mio contributo alle varie duscussioni che leggo qui su i sommelier. Io sono sommelier da quasi 40 anni, ho i capelli bianchi, e sono professionista quasi, visto che le mie belle comparsate nel piccolo schermo e in manifestazioni varie non sono tanto poche.
Purtroppo e con rammarico mi trovo a dover degustare (assaggiare) insieme a colleghi quasi sempre piú giovani.
Con cognizione di causa vi posso ASSICURARE che tanti, ma proprio tanti colleghi (non tutti, ma neanche così pochi) anche se imperversanti in TV , sulla carta stampata, su internet e nelle degustazioni dal vivo, e ANCHE in quelle di alcune guide blasonate, in effetti “recitano”, nel senso che nonostante tutto non hanno alcuna capacita’ di discernimento di sapori e aromi.
Sono persone che si sono buttate in questo mondo non per passione, ma solo per soldi e in cerca di visibilità. Ne conosco e ne vedo troppi in giro di questi… In questi ultimi anni il vino va di moda, e tutti si buttano.
Purtroppo (o per fortuna) discernere aromi e sapori e si’ attività che richiiede esperienza e allenamento, ma anche una naturale predispisizione, e cosa piú importante PASSIONE.
Una ultima cosa chiedendo scusa per lo spazio rubato, ma lo sapete che in giro per l’italia ci sono in giro sommelier che si dichiarano astemi? Ma siamo diventati tutti pazzi? Un sommelier astemio come fa’ a dare un giudizio completo se si toglie il piacere di far entrare in se quello che deve esaminare e descrivere ad altri. Sommelier “castrati“, evirati, e se donne permettetemi la parola forte, infibulati!!
Perche’ voi del sito non provate a fare qualche indagine su questo? E’ un fenomeno che mi lascia allibito…
Non mi riesce di capire dove si trova la località oggetto dell’articolo. Ma credo che il tutto è esemplificativo di un certo tipo di manifestazioni da quattro soldi che si vedono un po’ ovunque in estate in Italia.
Riguardo i sommeliers… non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma concordo sul fatto che la maggioranza di quelli “diplomati” degli ultimi tempi di vino ne hanno una idea alquanto confusa.
Il sottoscritto è sommelier da quasi 30 anni, e sono davvero stufo di questi ragazzotti che ripetono come un disco rotto sempre le stesse stronzate quando sono in pubblico. Credo che tanti si iscrivono a questi corsi perchè è di moda e da’ a chi prende il diploma molta visibilità, e anche qualche soldino. Amare ed apprezzare il vino è cosa ben diversa…
Seguo da un po’ questo sito perché mi piace e ne condivido il taglio. Conosco anche di vista e di nome chi ha scritto questo articolo. Salvo fraintendimenti ho capito anche quale é la manifestazione dove l’autore é capitato, perché proprio ieri 28 luglio ci sono stato. Definirla una baraonda da mercato rionale e’ riduttivo, a parte caos e della carne cotta male, se questa é una manifestazione con il meglio del territorio stiamo freschi! C’é molta più onesta’ e cose buone in una “vera” sagra di paese.
Non si possono spacciare per tipici biscotti uguali a mille altri e fatti da forni che notoriamente usano preparati industriali … E questo é niente, preferisco non elencare le altre robaccie esposte.
Ieri sera mi sono davvero sentito preso in giro, con un po’ di attenzione in un buon supermercato si trova di meglio e anche piu’ tipico.
Sulla liceità di certe manifestazioni ci sarebbero fiumi di inchiostro da versare, ma tutte in comune hanno una sola cosa: il buttare nel WC denaro del contribuente! Riguardo i sommeliers di provincia (o di periferia – é lo stesso) ormai in gran parte sono solo delle tristi “macchiette” che mettono divisa e tastevin solo per “beccarsi” un centone a serata raccontando sempre le stesse cose a un pubblico che vuole solo intripparsi e ubriacarsi gratis… Il problema piú grosso poi é che la frammentazione delle associazioni presenti sul territorio, ha portato a un generale peggioramento della preparazione dei sommeliers, visto che in giro si vedono sommeliers che se portati in una degustazione seria e fatta con tutti i crismi, rivelano tutta la loro impreparazione e, lasciatemelo dire la loro incapacità fisiologica a distinguere in maniera corretta sapori e odori. Purtroppo nei vari corsi visto che i partecipanti pagano e anche profumatamente nessuno, ma proprio nessuno dice all’alunno “tizio” – sei negato per questo! Un po’ come una scuola di canto che rilascia attestati a persone irrimediabilmente e fisiologicamente stonate.