Di Serena Manzoni
Se avete un apparecchio ortodontico e siete golosi, ebbene non andate in Maremma… o almeno non ditelo al vostro o alla vostra dentista! Cantucci, brutti ma buoni, dolci secchi di tutte le fogge che per quanto tu li voglia pucciare nel vin santo rappresentano sempre un enorme rischio per quelle precarie e costose trappole che hai sui denti che chiamano con il vezzoso nome di stelline… Anche questa volta però me ne sono francamente infischiata e ho mangiato spesso e volentieri la pasticceria secca immancabile alla fine dei miei pasti toscani.
Lo ammetto, ho sentito a volte la mancanza di dolcezze più morbide e voluttuosamente cremose, e sono letteralmente impazzita di piacere assaporando il predessert Da Caino a Montemerano, consistente in un superbo gelato alle foglie di fico in cui il territorio era presente tanto e più che nei così caratteristici dolci secchi.
Devo però ammettere che sia stato giusto e buono finire la maggior parte dei pasti con quella consistenza un po’ ostica del cantuccio inzuppato… Tra queste esperienze merita una menzione particolare quella dello Sfratto del Goym assaggiato a
Pitigliano, presidio Slow Food, che si rinnova e che racconta le voci della Maremma e dell’Italia e della comunità ebraica che viveva da queste parti e che rappresenta un’ importante segno di contaminazione tra le due culture.
Si tratta di un dolce che racconta e che ricorda, prima di tutto lo spostamento degli Ebrei della zona nel ghetto di Pitigliano, la “piccola Gerusalemme”, per decisione di Cosimo II de Medici: il bastone che batteva forte alle loro porte per allontanarli dalle loro abitazioni, per sfrattarli appunto, diventa la forma del dolce, ripieno di miele, noci, noce moscata e scorza d’arancia.
La pasta invece non è lievitata, è composta di farina di grano tenero, di vino bianco e di (a volte) uova. Ma lo sfratto racconta storie che si mescolano e si sovrappongono, intreccia piani temporali e personaggi diversi. Nella pasta dello Sfratto si aggiungono le uova, si fondono alla Maremma e le abitudini culinarie si evolvono e si mischiano. Addirittura lo Sfratto diventa tipico di questa zona della Toscana e lo si prepara per il periodo natalizio. Le comari delle due culture si sono evidentemente passate le ricette tra un pettegolezzo e l’altro.
Perché gli ebrei di Pitigliano sono diventati soprattutto gente del paese di Pitigliano, o almeno così è sembrato a me e, quando, con le leggi razziali emanate dai regimi nazista e fascista hanno deciso la persecuzione degli Ebrei, alcuni dei pochi rimasti a Pitigliano sono stati aiutati e nascosti dagli amici toscani. Ecco che lo sfratto va bene con o senza uova, simbolo di un’importante e significativa mescolanza.
Ho assaggiato lo Sfratto nelle due versioni, più sabbioso nella versione senza uova, naturalmente più morbido e rassicurante nell’altra versione, comunque buono nella sua semplice dolcezza caramellata del miele cotto e delle noci, tra la frutta secca quella che secondo me è quella dall’aroma più erbaceo.
Ero a Pitigliano, per una merenda casuale alle Delizie di Ale e Helga, laboratorio gastronomico ed enoteca, dove potete trovare prodotti tipici toscani, tra i più tipici quello meno toscano in fondo, quello del racconto e dello scambio, del ricordo… Loro lo fanno con le uova, proprio per sottolineare l’avvenuta contaminazione o forse, semplicemente, perché gli piace di più!
Serena Manzoni
Un dolce curioso… conosco bene tutta la storia e, leggende a parte, mi piace molto.
Se poi spacca o meno i denti, è solo questione di abitudine, e di attenzione.
Approfitto qui per salutare i bravi Ale & Helga, ottimi produttori in proprio di questo dolce!
Peccato che come dice (anche) l’autrice dell’articolo, non è un dolce propriamente per tutti i denti… però è buono!
Ottima scelta su dove comprare lo Sfratto a Pitigliano!