Di Fabio Riccio
Ennesima serata volutamente pigra.
Il lavoro, la stanchezza, le mille e più faccende che ammorbano l’esistenza della maggioranza degli umani, ammorbano anche me. Solito dilemma… cosa c’è per cena?
La pigrizia (decisamente mentale in questo caso) suggerisce un vassoio di pizza al taglio assortita, insomma: mero “cibo di servizio” per mero sostentamento calorico.
Però… una buona bottiglia potrebbe tirare un po’ su di morale.
Nella “cantinetta dinamica” in fondo al corridoio è rimasto ben poco: in casa, e in special modo per i vini, il concetto di “dinamico” viene applicato alla lettera.
Una bottiglia che aspetta da un po’ di essere provata però c’è: Grain de Soleil 2010 bianco La Petite Baigneuse, piccolo “domaine” francese quasi al confine con la catalogna, bottiglia, comprata forse più per la deliziosa etichetta, che per la reale conoscenza di produttore e vitigno.
Spulciando in rete, e con la mia limitatissima conoscenza della lingua dei galli cisalpini, scopro che l’azienda è piccola, circa 12 ettari, le viti sono decisamente vecchie e si lavora in cemento.
Le macerazioni sulla buccia sono mediamente lunghe e non si usano solfiti (a parte un qualcosina solo in imbottigliamento), non si filtra perché si preferisce usare la forza di gravità e… logicamente si aborriscono come la peste i cosiddetti lieviti “selezionati”.
Detto questo, il Grain de Soleil 2010 lo si può ascrivere senza dubbio nella famiglia dei cosiddetti “vini naturali”, anche se questo termine a molti esponenti (titolati o meno) dell’enologia ufficiale “istituzionalizzata” da giacchette & tastevin non piace per nulla.
Il vitigno è il Macabeu, forse più diffuso in Spagna che in Francia.
Note tecniche a parte, il Grain de Soleil 2010 è un vino che per essere goduto a pieno richiede un approccio emozionale e non tecnico.
Il Grain de Soleil 2010, è un vino che dispensa sensazioni ben lontane da quelle “omologate” di tante bottiglie che vanno per la maggiore, e riesce perfino nell’ardua impresa di far diventare gradevole la pizza al taglio del negozietto all’angolo di casa.
Al colore si rivela di un bel giallo carico, ma senza esagerare.
Al naso appena stappato esordisce con estese ma non invasive note floreali, che al palato evolvono subito in miele, per poi sfumare con calma in canditi e agrumi.
Assecondando l’evoluzione, rapida ma non tumultuosa, dopo poco in bocca arrivano anche sentori di frutta esotica (ananas e pompelmo rosa) e di frutta bianca (pera) ben matura.
Nel finale il Grain de Soleil 2010 saluta il palato del bevitore gastrodelirante con un bel fondo amaro, e con una acidità evidente che riesce nell’impresa di “ammazzare” i sapori (a volte) troppo intensi e artefatti delle varie fette di pizza al taglio a base di farine con mille e più additivi.
Peccato però… che sotto casa non c’è un un Gabriele Bonci con le sue pizze, altrimenti…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Vado controcorrente: capodanno 2012, due scatole di caviale beluga fresche di arrivo dal caspio, insieme a due brick di cartone con vino da discount… ed era anche buono!
Al (peggio?) non c’è mai limite.
Brunello Montalcino 2000 Cerretalto Casanova di Neri (mica male poi…) per accompagnare due pizze margherite surgelate di una nota marca dalla scatola cartonata color verde, non è lo “Chateau Margaux”, ma onestamente in tempi di crisi non posso permettermi di più!
Gentile signor Fabio Riccio, con il dovuto rispetto il per Grain de Soleil 2010 (che non ho mai provato…) il sottoscritto enologicamente parlando è riuscito a fare ben di peggio… (oppure meglio?)
Memorabile una pastasciutta in mangiata in cucina qualche mese fa. Aglio & oglio (per due) annaffiata con una bottiglia di Pavillon Rouge du Chateau Margaux 2012… – logicamente i calici erano quelli giusti!!!
Noi “dissacratori” enologici non siamo poi così pochi…