Di Serena Manzoni
Ho scoperto la poesia di R. L. Stevenson La terra del copriletto leggendo un libro che Silvia Ballestra ha scritto intorno alla vita di Tullio Pericoli e non l’ho più scordata…
Eccola qua:
Quando nel mio letto son malatomi tengo due cuscini da ogni lato e tutti i miei giocattoli intorno per starmene felice tutto il giorno. E a volte per un’ora, a tutto andare,
i soldatini voglio far marciare con uniformi, cannoni e cavalli, fra le coperte e lungo le valli, e a volte la mia flotta salpa e vola e naviga fra le onde e le lenzuola o sorgono dal letto le città, case e alberi dissemino qua e là. Così sono il gigante malatino che siede sopra il colle del cuscino e vede sotto, forra e ruscelletto, il bel paese del gran copriletto.
L’adoro!
Il potere salvifico della fantasia e dell’infanzia, l’atmosfera che mi ricorda Calvino e lo stesso Pericoli bambino come ci suggerisce Silvia Ballestra nel libro di cui vi dicevo; ma insomma dove voglio andare a parare? Di che voglio parlare?
Concedetemi un po’ di delirio, ma sono seduta sul colle del mio cuscino, con qualche linea di febbre e quella che il medico ha definito sindrome influenzale. È da anni che non mi mettevo a letto malata, e torno un po’ bambina, tra le onde del piumone navigante. Sì, va bene? Ma che c’entra tutto questo con Gastrodelirio? Forse mi sta salendo ulteriormente la febbre? Dovrei prendere un antipiretico?
Avendo in casa un cuciniere di scuola napoletana, mi sono abituata presto alle meraviglie che si possono fare combinando pochi e riconoscibili ingredienti: farina e lievito, salame e provole, scamorze e pecorino, l’immancabile pepe, le uova. Naturalmente non risolvo la cucina partenopea in questi pochi elementi, ma sono quelli che sono entrati nella mia vita come tratto significativo di un certo modo di cucinare. E allora vai con il tortano!
Si tratta di una torta salata, preparata con pasta lievitata con aggiunta di strutto e farcita con un ripieno di pecorino, cicoli, salame, altri formaggi, uova sode e pepe. La sua forma è quella della ciambella, pare per simboleggiare la corona di spine di Gesù, fatta cuocere al forno e più gustosa da fredda. Come già detto si tratta di un piatto legato alla festività della
Pasqua, insieme al casatiello a simboleggiare la resurrezione del Cristo. Per me significa la festa, una preparazione che dà gioia, un sapore che crea dipendenza e una certa leggerezza infantile che ricorda quello dello scartare un dono o salire su un’altalena per dondolarsi. Non assisto mai alla realizzazione del tortano, mi piace trovarlo sul tavolo della cucina, coperto da una tovaglietta, per poterla scostare, fare un sorriso goloso e riconoscente, annusarlo e provare quella specie di stupore bambino.
Lo so, forse questa volta ho esagerato…non capite il legame tra il tortano e la poesia di Stevenson? l’ho detto… la febbre…
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Serena Manzoni
Simpatico l’articolo.
da brava casalinga dell’hinterland partenopeo (casalinga mio malgrado causa cassa integrazione) non conoscevo gli effetti terapeutici del tortano…
Appena si ammala mio marito, proverò a tirarlo su’ con un paio di fette… anche se è ferragosto!