Di Riccardo Ferrante
Val Trebbia, colli piacentini. E’ una zona conosciuta perlopiù solo in quei paraggi, ma anche da quelle parti non tutti sanno che si producono vini di grande grinta e personalità. Per fare vini come questi non basta solo il territorio, la tradizione contadina, le uve e le condizioni microclimatiche. Servono anche uomini capaci di mettere insieme tutte queste cose, e saperle interpretare.
Giulio Armani è uno di questi uomini, che ha saputo interpretare e rimettere in moto tutte queste caratteristiche importanti, per far emergere un territorio poco conosciuto come è la Val Trebbia.
E’ dal 1980 che Armani fa vino. Ha iniziato presso La Stoppa, celebre cantina e capofila del rinnovamento artigianale-naturale dell’enologia italiana (di cui parleremo nelle future pagine).
Da circa 10 anni Giulio insieme a suo figlio Jacopo, ha avviato una sua linea personale a Denavolo una frazione di Travo in provincia di Piacenza.
E’ un luogo bellissimo, arcaico, di montagna perché le vigne sfiorano i 700 metri, dove vivono poche famiglie in un borgo che sembra l’Italia del 1950, dove galline e oche ti attraversano la strada, e i cani danno il benvenuto senza abbaiare.
A Denavolo Giulio Armani ha un impianto di circa 4 ettari, solo uva bianca tra Malvasia di candia Aromatica, Ortrugo e Marsanne, che i contadini del posto chiamano uva francese. Sono tutti vitigni storici e parlano di territorio bicchiere dopo bicchiere. Sono vinificati secondo la tradizione che prevede una macerazione prolungata delle bucce a contatto col mosto per circa 30/40 giorni. Così nasce Dinavolo 2008, il vino di punta dell’azienda, ma ci sono anche il Dinavolino e il Catavela, che prendono i nomi dalle vecchie mappe catastali del luogo.
Queste ultime due etichette hanno una macerazione più breve, ed escono sul mercato l’anno dopo la vendemmia. Sono vini diciamo… da un approccio più facile, e che spaventano meno il bevitore che per la prima volta in vita sua si trova un bicchiere di bianco dal colore arancione.
La solforosa non viene aggiunta, e non c’è nessun altro elemento oltre l’uva: c’è solo il gesto dell’uomo che fa diventare vino l’uva. Tutto qui.
So bene che molti storcono il naso quando si parla di vini fatti senza ingredienti enologici, ma io l’ho visto con i miei occhi, e sono vini buoni e genuini che non lasciano postumi di nessun tipo. Sono vini da tavola nel vero senso del termine, vini da grandi tavolate pantagrueliche.
Il Dinavolo ha il colore del tè, profumi di mela e di pesca, e un palato tagliato da una bella grinta acida e grande persistenza.
Sono vini che vengono in mente quando si ha voglia di bere, tanto.
Riccardo Ferrante
Grande vino… ma ancor più grande è il bravo e coraggioso Giulio!