Di Fabio Riccio
In questo 2013 il mondo (come anche in passato) è devastato da frotte di parolai di ogni risma; parolai che trovano nella televisione il loro “sfogatoio” prediletto, e purtroppo anche un pubblico che li segue. Così rischia di diventare anche il mondo della cucina e della ristorazione: cuochi ovunque, dovunque e in ogni luogo, preferibilmente televisivo però.
I bambini, che sono gli esseri viventi che consumano più piccolo schermo di tutti, ora da grandi vogliono tutti fare gli Scef. Quando ero bambino io nei lontani anni ’60 del secolo scorso, la televisione già regnava & imperversava, ma a parte il figlio di “Don Carlos” (ristorante-pizzeria a due passi da casa mia) – mio vicino di banco un po’ tonto in terza elementare – nessuno voleva fare il cuoco. La maggioranza dei pargoli aspirava a fare l’astronauta, il calciatore, lo scienziato, oppure il medico, come il mio compagno di banco Renato, che giurava che da grande sarebbe andato in Africa a curare “i negretti del Biafra” dalle terribili malattie che li affliggevano (si’: negli anni ’60 si era alquanto politicamente scorretti).
I bambini aspiranti Scef sono l’ultima atroce moda.
Con sacro terrore attendo prima o poi in qualche saggio scolastico di fine anno nelle elementari, oppure in qualche ignobile programma di Tele-Roccacannuccia di sopra, un qualche marmocchio vestito (travestito) da cuoco che prepara piatti stomachevoli sotto lo sguardo estasiato dei genitori e di tutta la famiglia…
Il problema però non sono loro, gli aspiranti cuochi in erba, ma i genitori decerebrati che sono convinti che il piccolo “Kevin”, che ha imparato a fare (male) le polpette al sugo come la zia Concettina, sia uno strabiliante genio ai fornelli.
“Non si perde una trasmissione di cucina, credo sia un talento naturale, da grande farà sicuramente lo “Scef” – mi ha confessato con non malcelato orgoglio la mamma, logicamente firmata da capo a piedi, non più di due ore fa.
Quindi… la strada è già tracciata: soldi, successo e fama nel piccolo schermo per il pargolo. Che volete di più dalla vita un Lucano? – No, grazie io preferisco l’Averna.
Fuori dalla cucina sono tutti cuochi, ma nessuno sembra accorgersi che “il mestiere” di stare dietro i fornelli è, ed è sempre stato decisamente complicato, e per molti versi anche pesante fisicamente. Basterebbe dare un occhio alla storia personale di tanti chef nostrani di talento che in qualche modo si rifanno alla “nuova cucina Italiana” (copyright by Enzo Vizzari), per rendersi conto che non basta cuocere la pasta al dente o non bruciare l’arrosto per entrare nell’olimpo dalla porta principale.
Il cuoco del nuovo millennio deve avere buona cultura, non solo scolastica, ma anche la voglia e la capacità di sgobbare.
Negli anni ’60 tutti astronauti, nei ’70 tutti rivoluzionari, negli ’80 tutti paninari o rampanti pseudomanager all’ultimo stadio, nei ’90 tutti cyber-qualcosa, ma pre-multimediali, nei primi ’10 del nuovo millennio qualsiasi cosa, però sempre ben “firmata” da uno stilista di grido, e nei secondi dieci ora sono tutti cuochi?
Adesso, i miei quattro o poco più lettori si chiederanno, ma perché tutta ‘sta filippica contro dei genitori che giustamente aspirano a qualcosa di bello per la loro prole? Che male fanno i bambini a sognare di diventare tutti novelli Bottura o Cracco?
A me invece ‘sti genitori mi sanno tanto di chiacchieroni. Il mondo è invaso da chiacchieroni, come la (neanche troppo) gentile signora in cui ho incocciato 120 minuti fa’.
Falliti loro dai loro sogni post-adolescenziali, questi genitori impigriti girano la ruota del destino verso la loro progenie. Loro di norma, il giro lo hanno già perso. Quando non si ingozzano di cibo raggiungendo pesi da lottatore di sumo, si riempiono la bocca di tante, troppe parole, ma a ben guardarli vengono traditi dalle loro stesse mani, si proprio le mani.
Mani che quando le osservi con un minimo di attenzione, capisci subito che non hanno mai fatto molto nella vita, mani che in cucina non si sforzano troppo, mani che al massimo si usano per aprire la busta dei surgelati, pronti da cuocere in soli cinque minuti.
Questi (entrambi eh…) genitori, hanno dimenticato oppure non hanno minimamente idea cosa significa stare dentro una cucina, non hanno mai messo le mani dentro una bestia per eviscerarla e poi riempirla di qualcosa di buono, e tanto meno hanno mai pelato patate per una famiglia di sei persone più suocera a carico. Questi genitori non hanno mai passato 14 ore in piedi davanti un banco di lavoro, 6 giorni su 7, per capire cosa è realmente il mestiere del cuoco.
Chiamatemi pessimista, apologetico, catastrofista o come diavolo volete: questa è la realtà. Questi genitori li trovi ovunque, si annidano spesso nei salotti delle loro abitazioni, ma soprattutto nelle nuove cucine supertecnologiche che da sole occupano mezzo appartamento, dove quando va bene, si limitano a fare il caffè oppure si dedicano all’arte pressappoco Zen del perfetto scongelamento a microonde. Le cucine si mostrano, non si usano, si corre il rischio di rovinarle! (visto il prezzo a quattro zeri di euro).
Quando ci si imbatte in loro, al primo sguardo non ci si rende conto con chi si ha a che fare: come in un racconto fantasy da quattro soldi, prendono la tua forma, parlano anche la tua lingua, gesticolano proprio come te, magari ti sorridono.
Ma è tutto fumo, e se vi concentrate, notate la differenza che inizia proprio dalle già menzionate mani. I pargoletti aspiranti “Scef” in realtà sono poveri bimbi logorati dai troppi impegni che certi supergenitori gli impongono per essere minimamente credibili nelle loro aspirazioni.
Piscina, corso di Inglese, danza, corso di meditazione, palestra, calcio (il calciatore miliardario è ancora molto gettonato) etc etc.
I pargoli (e certe mamme ignobili) sono in realtà esseri annoiati dalle troppe cose che gli impongono, e così se per loro fortuna gli rimane una mezz’ora di libertà in casa, giocano a fare i cuochi sotto lo sguardo amorevole di una mamma che si lamenta ripetutamente che non trova lavoro, ma che in realtà preferisce farsi mantenere dal marito benestante e un po’ farlocco.
Ecco… bravi bambini, continuate a giocare mentre papà lavora.
Questi genitori poi fanno il paio, o per meglio dire “comunella” (e spesso lo sono loro stessi), con i gastrofighetti autoreferenziali da web.
Per loro, il massimo dello sforzo di ore di lavoro e di studio sui sapori di un bravo cuoco, viene sintetizzato in un triste click e in un veloce “upload” sul sito da loro preferito, magari insieme a quattro castronerie di numero, ovviamente sgrammaticate quanto basta.
Il click è il suono che loro adorano. Fare fotografie a qualsiasi cosa sia edibile in un ristorante, il più delle volte malissimo, perché tanto che ti importa del risultato, quando porti nel ristorante una super reflex digitale da 7000 e passa euro che fa tanto pendant con il SUV parcheggiato fuori in divieto di sosta? Pian pianino incomincio a pensare a quella leggenda dell’indigeno al quale viene tolta l’anima con una fotografia. Forse è vera. Questi signori rubano l’anima ai piatti, ai sapori…
Ma si’, chi se ne frega, tanto da grande Kevin diventerà un grande Scef.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Non so se dirtelo o no, caro Fabio, ma… i bambini che cucinano in TV ci sono già da un po’, e non su Tele-Roccacannuccia, bensì su RAI 1, la rete ammiraglia, li trovi o li trovavi, perché é da un bel po’ che non guardo, alla corte della Clerici, alla Prova del Cuoco il sabato! Onestamente, se non fosse che per mio personale pensiero non amo vedere i bambini in TV (ma non é questo lo spazio per parlarne) non era malaccio, perché era strutturato come un laboratorio di cucina. Il peggio (e qui arriva per te la seconda sorpresa), l’ho visto sulla rete ammiraglia Fininvest, canale 5, sempre il sabato all’interno di Verissimo, una collega mi ha segnalato il fatto. In quel programma un ragazzino di 15 anni si esibiva in laboriosi ed elaborati piatti che di sabato in sabato venivano giudicati e regolarmente massacrati (con conseguente umiliazione dell’aspirante cuoco) in diretta da più o meno noti cuochi…
Io non sono contraria ai laboratori di cucina per i bambini, anzi sono favorevolissima, perché credo che se un bambino fin da piccolo impara a conoscere gli alimenti, a esplorarli, a sapere da dove vengono, a riconoscere ciò che é fresco da ciò che non lo è…da grande saprà avere cura della sua alimentazione e magari saprà rispettare il cibo e la sua produzione. Certo un laboratorio non basta, ci vuole la quotidianità a casa.
P.s. anche oggi nessuno vuole fare il cuoco, vogliono fare lo Sceff.