Premessa
Il nome Pampanella è condiviso da più preparazioni alimentari, nello specifico queste in elenco (se poi qualche lettore ne conosce altre… lo allungherò volentieri!)
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Pampanella di carne di maiale tipica del basso Molise –
Nello specifico quella di San Martino in Pensilis – CB-, ma a macchia di leopardo e con preparazioni sostanzialmente analoghe, conosciuta anche in qualche paese della Puglia limitrofo al Molise (Gargano e tavoliere delle Puglie).
- Pampanella Pugliese
Formaggio fresco affine all’antica Oxygala (diffusa in quasi tutta la magna Grecia). E’ prodotta in provincia di Taranto, Brindisi e Lecce. Può essere di latte vaccino o anche misto (vaccino, caprino, ovino).
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Pampanella Abruzzese
Altro formaggio, simile al cacioricotta ma esclusivamente di latte caprino.
Il nome dei due formaggi pare arrivi dal “pampino” (la foglia di fico nel quale un tempo erano usualmente serviti e venduti)
Tralasciando gli altri pur validi e saporiti prodotti, in questo brevissimo articolo provo a far conoscere meglio cosa è la Pampanella del basso Molise.
Senza nulla togliere a tutti gli bravi produttori che offrono Pampanella in giro per Molise e dintorni, senza dubbio alcuno “la capitale” di questa gustosissima preparazione è San Martino in Pensilis (CB).
Per la cronaca… la Pampanella sembra sia stato il primo prodotto molisano registrato con il marchio DE.CO. (denominazione comunale), ma non ho l’assoluta certezza di questo…
Origine della Pampanella
Della reale origine del nome Pampanella del Molise onestamente non si sa molto.
Però è tesi diffusa che anche in questo il nome derivi dalla parola pàmpino, ad indicare le foglie dove un tempo la carne così cotta veniva avvolta.
Storicamente, i venditori di Pampanella nelle feste patronali delle zona del basso Molise, erano e ancora sono quasi tutti originari di San Martino in Pensilis.
Probabilmente la Pampanella in origine era una ghiottoneria riservata al consumo interno delle famiglie più abbienti, quelle che potevano permettersi la carne non solo durante le feste comandate.
Superata la fase di “autoconsumo” e diffusasi anche tra i ceti più bassi, la Pampanella pian piano ha travalicato le tavole familiari, diventatando una sorta di “cibo di strada” alla molisana, oltre che fonte di reddito per le famiglie che la producevano (e la vendevano) nelle feste patronali e sagre.
Ancora adesso in Molise è facile, in occasioni di fiere, mercati e feste patronali incappare negli attrezzatissimi furgoni dei venditori di Pampanella.
Però, nonostante l’acclarata diffusione della Pampanella in Molise, in un misconosciuto testo di inizio ‘800 di un tal Michele Angelo Manicone, intitolato “La fisica Appula”, a pagina 123 si fa cenno a un arcaico metodo di cottura in terra, solo in parte assimilabile alla moderna Pampanella, detto appunto “I porci cotti alla pampanella”, indicato come tipico del Gargano.
La Pampanella – cosa è in realtà
Per chi non l’ha mai assaggiata, la Pampanella non è altro che carne di maiale, possibilmente di esemplari non eccessivamente grassi, che in svariati tagli è speziata con aglio, prezzemolo, talvolta rosmarino e altri aromi e abbondanza di peperoncino, cotta in forno per almeno due ore a 300° e infine aspersa di aceto prima di essere servita.
Di solito è decisamente piccante, come si arguisce dal suo colore rosso carico, ma esistono anche Pampanelle meno piccanti, a seconda dell’estro e del gusto di chi le prepara.
La ricetta ritenuta dai più quella “canonica” prevede una cottura abbastanza lunga, ma altre scuole di pensiero prevedono cotture più brevi per meglio preservare il colore roseo della carne e creare un sottofondo di aromi di diversa intensità.
In ultimo, c’è anche chi preferisce affettare preventivamente i tagli di suino destinati a diventare Pampanella, per privilegiare la morbidezza, vista la minore lunghezza delle fibre di carne.
La pampanella al gusto
Difficile raccontare gustativamente di una preparazione apparentemente semplice ma in realtà complessa e per certi versi “estrema” come la Pampanella.
La presenza del peperoncino in dosi generose (eufemismo…), se da una parte è il dovuto tributo a storia e tradizione, in qualche caso è ostacolo alla corretta percezione gustativa, cosa che tutte le spezie se usate fuori misura inducono.
Senza entrare nelle sterili diatribe sui benefici o meno del peperoncino, è però giusto avvisare chi si approccia per la prima volta che è…. parecchio piccante!
Però, negli ultimi anni alcuni produttori hanno scelto di “ingentilirla”, abbassando le dosi di peperoncino, questo per rendere più approcciabile la soglia di percezione del delicato complesso di sapori, costruito dall’intreccio tra la fibra della carne, le spezie e il grasso.
Ulteriore particolarità di questo prodotto, è che la carne della Pampanella non è fritta ma cotta al forno, cosa che aiuta ad eliminare parte dei grassi, e che porta la carne a guadagnare in complessità sensoriale e suadenza.
Una porzione, specialmente se gustata strada facendo a mo’ di cibo di strada, può diventare un piccolo e non trascurabile momento di felicità, e in certi casi creare anche dipendenza…
Se passate in Molise, provatela!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?