Date tempo al vino di evolvere, non abbiate fretta
In questo periodo così turbolento di forte contrapposizione tra i sostenitori dei cosiddetti vini naturali che ricercano con enormi sforzi, sia lavorativi che intellettivi, la piena sostenibilità ambientale, cercando di valorizzare ciò che la natura ha riservato loro per quell’annata e chi, invece, produce i cosiddetti vini convenzionali che oltre all’ausilio della natura, fanno ricorso a prodotti di sintesi e di chiarificazione per correggere, lecitamente si intenda, i sentori visivi e olfattivi del vino quando non sono in linea con gli standard dei loro prodotti, permettetemi a questo punto di aggiungere un’ulteriore sottocategoria: il vino di garage.
Adesso ci mancavano solo loro!
Secondo gli storici dell’enologia il vin de garage si inserisce nel variopinto mosaico del vino all’inizio degli anni Duemila in Francia (ipse dixit), in barba alla pratica millenaria di vinificazione effettuata dai contadini nei capanni degli attrezzi agricoli o nei garage dove veniva (e viene) rimesso il trattore, la motozzappa e la mitica Panda Fire.
Permettetemi a questo punto di confessare che anch’io, da bambino, ho visto fare il vino a mio padre utilizzando proprio gli scantinati della nostra casa in montagna: due piccole botti in legno, il torchio a mano, il cui ticchettio delle zeppe in ferro ancora risuonano dolcemente nel mio mondo del ricordo, la pigiatrice a manovella, rossa per la precisione, quindi dare una data di nascita a questo tipo di vini legati a doppio filo al territorio, alla propria abitazione e alla piccola produzione per sé o per i propri amici la vedo cosa veramente ardua.
I ricordi d’infanzia uniti alla voglia di cercare prodotti di nicchia fatti da persone che trasfondono su di essi la propria anima sono stati da volano per la ricerca di questi vignaioli in garage che utilizzano i propri locali come piccole botteghe di artigianato enoico per piccole produzioni di vino, oserei dire a tiratura limitata.
Il prodotto finito rispecchia a pieno, poi, il carattere e le idee del vignaiolo, la territorialità e la loro unicità, che sinceramente non riesco (per miei limiti) a trovare nei vini blasonati.
Grazie ai social scopro diverse piazze virtuali (gruppi, n.d.a.) dove i vignaioli artigianali si confrontano tra loro scambiando le proprie esperienze enologiche e dove, all’occasione, vendono su richiesta i loro prodotti.
E’ così che contatto la Cantina Cappello vini di garage, con pochi click riuscendo così arrivare a ben 888 km da dove vi sto scrivendo (la cifra è vera, calcolata secondo le stime di google maps), tradendo per una volta le mie convinzioni che mi hanno sempre portato a visitare e conoscere de visu vignaioli e luoghi di produzione del vino.
Perché ho contattato la Cantina Cappello di Vittoria (RG)? Semplicemente perché sono stato colpito dall’onestà intellettuale del suo proprietario, nonché vignaiolo, nonché disegnatore delle etichette, nonché webmaster Carmelo.
Se esiste lo Slow wine il vino di Carmelo è un very very slow wine!
Carmelo fa del tempo il suo braccio destro, il suo alleato insieme ovviamente al duro lavoro in vigna ed cantina senza utilizzo di lieviti aggiunti, chiarificanti e men che meno filtraggi anche a grana grossa. Cappello Vini di garage
Sostiene Carmelo Cappello che filtrare il vino è togliergli l’anima.
I vini della Cantina Cappello hanno tutti un nome di donna: Margot, Emily, Sophie, Agnés, AniKa e Ròse.
Immagino, anzi sono sicuro che lui tratti i propri vini come se fossero le figlie, le proprie creature e sono certo che ad ogni ordine che gli viene fatto ne soffra il distacco da ciò che ha visto nascere in vigna, crescere in cantina ed evolvere in bottiglia.
Tutta questa passione e dedizione mi hanno convinto a provare i suoi vini e a effettuare alcuni ordini, ho provato per voi (pare vero!) due dei suoi vini il Margot e Emily, un nero d’Avola e un Frappato.
Non a caso la mia prima scelta è ricaduta su Margot, la procace affascinante fidanzata del mitico Arsenio Lupin.
L’uvaggio è un nero d’Avola in purezza coltivato ad alberello siciliano su terreni rossi e sabbie sub-alpiniche, molto ricchi di mineralità, la vendemmia avviene nel mese di ottobre, la fermentazione è spontanea e la macerazione sulle bucce e qualche raspo per 18 o 20 giorni. Il vino mai filtrato o chiarificato riposa in tonneaux da 500 litri dai 12 ai 32 mesi, dipende dall’annata, per poi affinare per 16 o 20 mesi in bottiglia.
La bevuta è davvero piacevole e sorprendente, mi sarei aspettato un vino irruento, invece il lungo affinamento in bottiglia ha elevato le qualità organolettiche che sono proprie del nero d’Avola, ammorbidendole, donando al vino eleganza e completezza, d’altronde stiamo sempre parlando della nostra Margot e il vino ha tutte le sue affascinanti peculiarità, carattere peperino, morbidezza e sensualità. Cappello Vini di garage
Poi c’è l’Emily. Emily è un frappato in purezza, tipico della zona di Vittoria, viene vendemmiato i primi di ottobre da vigne di oltre mezzo secolo di vita coltivate anch’esse ad alberello siciliano, lasciato riposare per 14 mesi in rovere francese e affinato per 20 mesi in bottiglia.
Il frappato generalmente è un vino abbastanza beverino, quotidiano, ma le sapienti mani di Carmelo hanno creato un prodotto ricercato e scapigliato, dal sapore croccante.
Non so descrivervi la croccantezza nel gusto ma immaginate sapori e odori intesi del balsamico, della resina, del legno, della marmellata di lampone e arancia, davvero molto intriganti e complessi. Gli odori e sapori sanno di fruttata autunnale, forse perché è la stagione in cui vi sto scrivendo o forse perché questo vino mi ricorda il melograno. La mineralità anche qui la fa da padrona, d’altronde i vini in garage sono fortemente legati al territorio dove vengono coltivate le uve e dove vengono vinificate. Il colore è rubino di una lucentezza ammaliante.
Come potete intuire il lavoro di Carmelo è davvero tanto, come tanta è la pazienza e l’attesa evolutiva per il prodotto vino, lui sostiene che il vino è evoluzione, a volte anche evoluzione negativa. Pensate che l’annata 2018 non è uscita! Il vino non aveva le caratteristiche (e il carattere) che avrebbe voluto Carmelo, che ha deciso che era meglio non andare in produzione per non fare una brutta figura con noi consumatori.
Tutto ciò nel mondo del vino convenzionale non succede, basta addizionare qualcosa di miracoloso al vino, basta una punta di acido tartarico e chissà quale altra diavoleria e anche quell’annata sarebbe stata salva. Nei vini di garage no.
Approfittando della pausa forzata e sicuramente fortemente antieconomica Cappello vini di garage ha fatto riposare ulteriori dodici mesi i vini delle annate precedenti che ne hanno tratto grande beneficio sia per le partite che hanno affinato dodici mesi in più in bottiglia che il vino che riposava nelle botti di legno e anche qui il tempo è stato ottimo alleato di Carmelo.
Ma, ricordatevi sempre che se non c’è un ottimo prodotto, se la selezione delle uve non avviene in vigna, avendo il coraggio di scartare, se il vino è scarso non evolve, peggiora e basta.
Purtroppo devo ammettere che non ho ancora provato gli altri vini della Cantina Cappello, quindi rimanete su questi canali per scoprire insieme a me le emozioni che sicuramente ci daranno e nulla toglie che possiate voi acquistarli prima di me e consigliarmi.
W il vino, W la Sicilia bedda e W Carmelo Cappello che mi ha davvero stregato
https://cappellovini.com
Nasce a Roma nel 1975, studi giuridici e diverse specializzazioni nel medesimo campo ma il cuore batte dove c’è cibo e vino genuino.
Grande appassionato di vini naturali, non perdo occasione per incontrare e conoscere nuovi vignaioli che mi immergano in questo splendido mondo…