Se si affronta la questione esclusivamente dal punto di vista dei prezzi la risposta nell’anno di grazia 2024 è un secco e chiaro no.
Sempre mettendo in conto più di una lodevole eccezione e specifiche situazioni territoriali, in generale e per i prezzi in taluni casi raggiunti, la pizza ormai non la si può considerare più un cibo popolare.
Se invece si analizza il tutto secondo l’ottica del cambiamento che per ogni umana faccenda è il reale motore di ogni progresso, la risposta è un sofferto “ni”, perché un sì netto sarebbe ben poco veritiero…
Inutile ripetere che già da prima del covid tutto il comparto nazionale (e non…) della pizza era in pieno boom.
Un boom che in certi casi rasenta e oltrepassa l’isteria collettiva, viste le file e il “tutto esaurito” nelle pizzerie di ogni ordine e grado, e non solo nei giorni canonici del weekend & festivi.
Aggiungiamo a tutto questo l’incomprensibile elevare a maître à penser i pizzaioli più mediatici e scaltri nella comunicazione e il cerchio si chiude, ma con l’innegabile merito di aver innalzato di molto il livello qualitativo di buona parte delle pizzerie italiane.
I pizzaioli, checché se ne dica, sono tra le nuove star del momento, con o senza ananas sottobraccio…
Ma, evolvendosi e diffondendosi ancor più capillarmente sia sul territorio che nell’immaginario collettivo degli italiani, la pizza ha imboccato molte strade diverse.
Inutile tentare di elencarle, sono tante e la catalogazione rischia di essere lacunosa e sfuggente e, forse, e qui i puristi gioiranno, tante di queste strade stanno “traslando” alcuni modelli di pizza verso un qualcosa di diverso che l’allontana sempre di più dalle sue radici, e non so se queste “cose” fino a quando si potranno chiamare pizza…
A far non considerare più la pizza come un cibo popolare contribuisce anche l’esasperazione e la profusione di una infinità di attestati, coppe, comparsate televisive, gare, presenzialismo degno di miglior causa, pleonastiche acrobazie da circo scambiate da molti per “saper fare bene la pizza” cose queste, quasi sempre condite da tanti paroloni altisonanti che spesso rasentano il nulla.
Già… perché per la gioia di chi fabbrica coppe & targhe, non c’è più un pizzaiolo senza il suo bravo premio, fosse anche un misero attestato o diploma di partecipazione da esporre incorniciato in bella vista nel locale.
Un esercito quello dei pizzaioli ormai con più generali che soldati…
Un ultimo aspetto che allontana la pizza dalle sue “radici” popolari e che sta rischiando seriamente di portare tutto il comparto al deragliamento, è il grande fiorire di tutto un intricato sottobosco di consulenti estemporanei (quelli seri e veri ci sono, ma sono pochi…) e comunicatori strepitanti da social “ a gettone”, questi ultimi spesso, con evidenti problemi a vergare o profferire due righe in italiano decente…
Tutta gente per i quali i pizzaioli sono percepiti solo come vacche da mungere o, come un bancomat dalle mani sporche di farina… La pizza è ancora un piatto popolare?
Così, non c’è più da meravigliarsi se una serata in pizzeria rischia di costare di più di una cena in un ristorante.
Cui Prodest?
La pizza è ancora un piatto popolare?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?