Di cosa sa realmente questo piatto?

A proposito di Internet Umberto Eco scrive:  «La cultura è anche capacità di filtrare le informazioni»una feroce critica sulle potenzialità ma anche sui pericoli connaturati nell’eccesso di informazioni che caratterizza la società contemporanea.

Ecco il punto. di cosa sa

A chiunque scriva nel nuovo millennio, sarà capitato di fare una ricerca sul web per cercare di saperne qualcosa di più su un fatto, una cosa o un determinato argomento, nello specifico di  www.gastrodelirio.it magari riguardo a qualche piatto, ristorante o prodotto regionale

di cosa sa questo piatto ragazza in primo piano

Senza addentrarci nella regola delle Cinque W, che purtroppo appartiene al mondo dei ricordi, visto che ognuno scrive la “sua verità” senza curarsi affatto di controllare veridicità e affidabilità delle fonti, noto una curiosa mancanza che affligge buona parte degli articoli & post riguardanti il mondo del food, vale a dire che quasi nessuno scrivendo di un determinato piatto o preparazione, racconta in concreto di cosa sa

Alla fine, la cosa più importante

Esempio pratico: il gelato al gusto di Puffo (già di per sé una una roba esecrabile).

gelato al carbone vegetale gelato al puffo

E’ in circolazione già da un po’ di anni e nei banconi delle gelaterie fa compagnia ad altri gusti “più tradizionali” come cioccolato, pistacchio etc etc…

Bene, probabilmente per i bambini sarà allettante e gli basterà sapere che è dolce e ha un colore carino.

Tra questi, ci metto pure quei bambini che anni addietro hanno bevuto una mia raccapricciante storiella, quella che il colore azzurrino arriva da alcuni Puffi spremuti quanto basta per colorare il gelato (senza sopprimerli però… ) ma alla fine, nessuno ancora ha spiegato in concreto di cosa diavolo sa davvero il gelato al Puffo. Un sapore lo avrà pure!

di cosa sa questo piatto food blogger

Perché non lo sa e non ha i mezzi per descriverlo

Punto

La medesima dinamica affligge gran parte dei blog, siti e sitarelli che rastrellano lettori e pubblicità pubblicando ricette o parlando di piatti e prodotti, un po’ meno (giocoforza…) quelli che si occupano di vino.

Raccontando magari di una umile frittata, si sperticano in aggettivi esaltativi, in sostantivi roboanti e paroloni ad effetto da fare impallidire G.A. Gadda e l’ azzecca-garbugli messi insieme, per dire (ma su quali basi?) che quella tal cosa è buona, ma quasi nessuno prova minimamente a descrivere con parole in concreto di cosa sa e, cosa più importante, il perché la frittata in oggetto è proprio buona

«E’ buono perché te lo dico io e questo basta, anche se non so dirti perché, fidati!» –

Ecco il succo di tutta la faccenda… ed ecco di colpo la Casalinga di Treviso, il Bracciante Lucano e il Pastore Abruzzese trasformati d’emblée in improbabili critici gastronomici, magari anche molto seguiti…

di cosa sa questo cibo modella con neole abruzzesi

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