Di Stefano Capone,
Qualcosa mi dice che l’indifferibile ansia vacanziera di quel popolo di stakanovisti che sono gli italiani ci rispedirà senza troppi complimenti verso un nuovo, attesissimo lockdown o qualcosa di molto simile.
Milioni di bianche natiche stressate da estenuanti mesi di durissimo Smart working in cravatta e mutande sul divano di casa, non hanno potuto e saputo e voluto rinunciare a settimane di bagni di folla da bonus vacanze sugli assolati lidi più glamour del bel paese.
Ovvio uscendo da una pandemia e lì lì per farla ripartire di slancio.
I più provati dai severi mesi di prigionia dorata in casa propria hanno pensato brillantemente di varcare la frontiera, con l’occhio verso le mete più gettonate anche dal simpatico virus dalle mille braccia.
Ed eccoci qui a raccontare di una nazione al limite dell’implosione economica ma decisamente abbronzata.
E di file di auto colme di coscienziosi connazionali, lamentosi a comando, ma pronti a affollarsi con la mascherina ben salda al gomito tra i vicoli irrinunciabili dell’estate italica.
Indifferenti, quanto mai prima di adesso, ai destini comuni.
Cantori commossi di eroi in camice se il camice non è il proprio.
Ed eccoci pian piano scivolare, inesorabilmente, verso momenti già visti, verso questo nuovo modus vivendi, ormai familiare, che è il lockdown.
Il lockdown. Il Lockdown e il lievito di birra
Che cosa strana.
Il lockdown.
Che strani ricordi. Una serie di controindicazioni impreviste e imprevedibili.
Giorni e giorni e giorni costretti a fare i conti con noi stessi.
Perfetti sconosciuti.
Giorni e giorni e giorni costretti a ristabilire rapporti familiari accuratamente compromessi con dedizione in anni di dura abnegazione.
E soprattutto giorni e giorni e giorni costretti a fronteggiare l’assenza di interessi reali.
Il tempo un nemico.
Troppo.
Che si fa?Come si riempiono quegli infiniti intervalli di tempo che il lavoro o la scuola o il bar ci consentivano di sottrarre alle amorevoli attenzioni di casa e famiglia?
Passato, fortunatamente, in breve tempo l’afflato cantereccio patriottico da balcone tracimato in una lotta trash senza esclusione di decibel.
Lasciate a marcire sui balconi le bandiere tricolori di Espana 82 riciclate con ardore risorgimentale nei primissimi giorni del lockdown e poi dimenticate alla mercé delle intemperie.
Cosa rimaneva per colmare il grande vuoto e l’immane quantità di tempo a disposizione mai realmente così disponibile alle nostre scelte?
Nulla ha potuto neanche il fitness da canale YouTube.
Sebbene sia stato bello, per un momento immaginare un popolo fiero, solidalmente impegnato a zompettare in scaldamuscoli e tutina acetata sul pavimento scivoloso dei soggiorni.
Almeno abbiamo imparato parole nuove: workout, jumping jack, plank.
Effimeri riempitivi. Il Lockdown e il lievito di birra
Nulla di definitivo.
Le file ai supermercati, con tanto di carrello e mascherina sotto il naso, ci hanno regalato momenti di bella spensieratezza.
Ma niente a confronto di quanto è riuscito a fare un piccolo, putrescente, cubetto marroncino: il lievito di birra.
Il vero simbolo del lockdown.
La salvezza. Il Lockdown e il lievito di birra
Gli italiani si sono scoperti novelli Bonci durante questo periodo di clausura.
E, depredando Market e discount hanno attivato la lievitazione di qualsiasi cosa potesse essere fermentata dal saccharomyces cerevisiae.
Altro che lobby della mascherina e del gel disinfettante!
Ho visto spuntare sugli scaffali dei supermercati cose che mai avrei pensato: la mattonella di lievito da un chilo!
Con tanto di avvertimento perentorio: “un pezzo a persona“.
Poté più il lievito che l’alcol denaturato.
La corsa alla maglia glutinica si è impossessata in breve tempo di un popolo rinchiuso sollevandolo dal pensiero delle future vacanze e riempiendo da mattina a sera il tempo altrimenti incolmabile.
Impasto, selfie, lievitazione, selfie, guarnizione, selfie, cottura, selfie, fuori dal forno, video!
Pani, pizze, robe gonfie e informi, mozzarelle e pomodorini fuori stagione, hanno invaso i social della pandemia e devastato le bollette della luce.
Un popolo illuso ha pensato di aver capito cosa è l’incordatura e di averne colto il sottile, impareggiabile, piacere.
Un popolo chiuso, tronfio e infarinato ha fatto della finta focaccia barese il vessillo della propria liberazione.
Ma ora purtroppo sa che esiste la Manitoba.
Il Lockdown e il lievito di birra
Stefano Capone