Di Fabio Riccio,
Premessa: come mia abitudine, mi avvalgo delle facoltà che concede l’articolo 21 dello nostra costituzione che recita «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.»
Così, ecco un po’ di strali per un dolce che tanti credono “storico” (ma non lo è…), e che ha letteralmente invaso l’Italia, vale a dire la Colomba Pasquale.
Strali non perché “cattivo” (una colomba se ben fatta è ottima), o deleterio per la salute, ma per l’operazione di mistificazione storica che da quasi un secolo ci ha convinto che è una roba tradizionale.
Si.
La colomba pasquale, dolce di pasta lievitata, secondo la vulgata comune, ma anche secondo alcuni sgrammaticati blogger dal buonismo (e dall’ignoranza) abissale, ha origini molto antiche…
Ma mi faccia il piacere, chioserebbe il grande Toto!
Chiariamo la faccenda una volta per tutte: il putiferio di “colombe” (artigianali, pasquali e non) che vediamo in questi giorni in circolazione, ha poco di antico. Punto.
E’ solo il risultato di una trovata commerciale che, con tradizioni e artigianato ha poco da spartire. Fine.
Proviamo a raccontare i fatti…
Negli anni ‘30 del secolo scorso, un noto e benemerito industriale dolciario lombardo, fa due conti, e si accorge che avere una linea per fare panettoni e farla lavorare solo un paio di mesi l’anno, dal punto di vista del business non va bene.
Vero.
I fabbricanti di panettoni, come gli altri industriali, mica sono benefattori, ma imprenditori che giustamente perseguono il profitto (il loro, logicamente).
Bisogna trovare un modo per far marciare 12 mesi l’anno la catena di montaggio dei panettoni, per guadagnare più soldini.
In soccorso dell’industriale arriva un pubblicitario con una trovata a dir poco geniale!
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Allora, pubblicitario, qualche idea per far marciare la fabbrichetta 365 giorni l’anno?
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Certo Sciur padrun, trasformiamo il panettone in qualcosa che si può vendere a Pasqua!
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E allora?
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Così, ho inventato un dolce “tipico” per Pasqua!!
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Eh??
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Semplice, dopo natale, quando l’ultimo panettone è venduto, mettiamo mano all’impasto, cambiamo un po’ consistenza, aromi e qualche ingrediente, poi un po’ di glassa, gli zuccherini e qualche mandorla sopra. Dalla cartiera del Gigi di Cinisello, ci facciamo fare un po’ di pirottini a forma di colomba e… magia! Ecco il dolce tipico di pasqua, che chiameremo “Colomba Pasquale!
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Ma mica è tipico, lo hai inventato tu…
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Tranquillo, a farlo diventare “tipico” ghe pensi mì, se no, che pubblicitario sono?
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E per il resto dell’anno?
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Tranquillo padrun! Appena finito con la colomba, le invento le merendine, e se non le basta, metto su in grande stile qualche festa, magari la festa del cugino, della suocera e del cognato, dove qualche dolce ci sta sempre bene…
Non so se la faccenda sia andata proprio così, ma da allora la Colomba pasquale ha invaso la penisola, e generazioni di Italiani sono convinti della sua tipicità, nonostante i meno di cento anni di storia, e l’origine chiaramente “industriale”.
In ogni caso, nella preparazione delle Colombe, dal 2005 ci ha messo lo zampino anche il ministero delle attività produttive… tramite decreto (vedi l’articolo 3 di questo link https://www.ambientediritto.it/Legislazione/consumatori/2005/dm%2022lug2005.htm decidendo fin nei minimi dettagli cosa può fregiarsi del nome di Colomba…
Molto tradizionale la Colomba eh??
Eppure… nell’Italia dei mille campanili, tutte le regioni hanno sempre avuto i loro tipici dolci pasquali.
In campania c’è la famosa pastiera napoletana, e in Friuli la Pinsa Pasquale alla triestina.
In Sicilia (tra i tanti…) lo Zuccotto pasquale e la Pecorella di Martorana.
In Piemonte ci sono le Ciambelle pasquali, mentre tra Lazio interno, Abruzzo, Molise e qualche lembo delle Marche, la comune cultura appenninica porta a condividere La Pigna dolce e le varie Pizze dolci Pasquali.
Non da meno Sardegna, Umbria e Veneto, con rispettivamente Pardulas, Torcolo e la Fugassa…
Si potrebbe continuare per ore, e mi perdonino i tanti esclusi, l’elenco dei dolci pasquali Italiani sarebbe lunghissimo…
Ogni regione, anzi: ogni singola città, cittadina, rione o borgo, ha qualche dolce specifico per le feste pasquali, preparato in casa o in pasticceria.
Ora mi domando e dico… ma con tutti i dolci e dolcetti pasquali, orgogliosamente artigianali da nord a sud, c’è bisogno di appiattirci su un dolce, che per quanto saporito, nasce smaccatamente come “industriale”?
Dirà qualcuno… “ti sbagli”, non ci sono solo le colombe pasquali fatte in fabbrica, ci anche sono tanti bravi pasticceri che le producono artigianalmente.
Vero anche questo, e meno male!!
Però, resta sempre il dato di fatto che si onora una tradizione(?) inventata industrialmente a tavolino da meno di un secolo!
Certo, ad essere puntigliosi, in Sicilia (dannazione: perché laggiù fanno così tanti bei dolci?) per pasqua ci sono i palummeddi o pastifuorti, che con i culumbidi della pace sono in stretta relazione, tanto che sono perfino ufficialmente nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T), ma questa è un’altra faccenda…
Come ciliegina sulla torta, per sopperire alla mancanza di “tradizione” della Colomba Pasquale, alcuni improbabili storici hanno inventando fantasiose storielle di colombe dolci, magari preparate da qualche principessa, o dalla zia di qualche misconosciuto vice-aiuto-valvassino del basso medioevo, o dell’età Carolingia…
Basta leggere l’etichetta di “certe” colombe con sopra certi pseudo-storici “pipponi” strappalacrime …
Un‘ultima annotazione.
Anche la Colomba Pasquale in questo scorcio di inizio millennio, inizia a passarsela male.
Suo malgrado, sta subendo lo stesso trattamento riservato ai panettoni, con innumerevoli, e spesso improbabili “evoluzioni”.
In effetti in giro, ho già visto Colombe con ripieni di crema all’Avocado, con canditi al Kiwi e aromatizzate al caffè Kopy Luwak, o vari liquori a scelta… Ora però, nell’anno di grazia la situazione è così, e così dobbiamo tenercela…
Cui Prodest?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?