Di Mimmo Farina,
C’era una volta una nazione che usciva devastata da una sciagurata guerra pasta e ceci alla romana
C’era una volta una nazione che si riconosceva in alcuni semplici valori, tra i quali il rito del pasto.
C’era, secondo alcuni c’è anche oggi, la difficoltà di abbinare pranzo e cena.
In poche parole l’Italia degli anni ’50 era un paese che, pur essendo simile al nostro era anche profondamente diverso.
Allora, come oggi, le difficoltà quotidiane costringevano ad arrangiarsi.
È in questo contesto che Mario Monicelli crea uno dei suoi capolavori, I Soliti Ignoti.
Un film che, se fosse fatto dagli americani, sarebbe un fiorire di gadget tecnologici, prove e simulazioni al centesimo di secondo, planimetrie e talpe.
Prima con Criminali da Strapazzo di Woody Allen (Small Time Crooks in originale) film del 2000 che strappa qualche sorriso e che rientra anche nel nostro tema visto che la copertura per gli affari illeciti è una vendita di biscottini.
Ben più sovrapposto risulta essere Welcome to Collinwood (2002) diretto dai fratelli Russo, che poi si specializzeranno nei comic movie di matrice Marvel.
Il remake qui, infatti è dichiarato, tanto da portare alla sovrapposizione dei personaggi e anche al piatto finale, solo leggermente modificato.
Ma torniamo in Italia.
Siamo, si diceva, in tempi rustici e romantici.
Così l’immigrato è locale, per la precisione siciliano, e chiude l’avvenente sorella lontano da occhi indiscreti e da brame proibite.
Claudia Cardinale, però, è tutt’altro che una fanciulla sottomessa. Così, in questi tempi, Totò, il Principe, può fare lezioni di scasso sulla terrazza (indimenticabile il metodo fu-Cimin) e poi dissimulare, alla presenza del commissario, con il mitico “si lavicchia”.
Tutto il cast del film è di livello superiore.
Tuttavia, per quello che interessa al cinefilo gastrodelirante, la cucina appare marginale.
Appare appunto.
Un po’ perché, come ribadito in premessa, si mangiava poco e quindi perché votarsi alla sofferenza?
Un po’ perché il cibo, il mangiare, rimane lì, in limine, presenza-assenza pronta a deflagrare al momento opportuno.
Momento che arriva nel finale, quando i nostri scalcinati eroi (vale la pena di citarli tutti: Vittorio Gassmann nei panni di Peppe Er Pantera, Marcello Mastroianni alias Tiberio, Renato Salvatori l’orfano Mario, Carlo Pisacane il leggendario Capannelle e Tiberio Murgia ovvero l’altrettanto mitico Feribbotte) riescono finalmente a fare breccia nel muro.
Ovviamente la parete violata non è quella del depredando Monte di pietà ma una, appunto, di una più prosaica cucina…
Nella quale, a mò di consolazione (che per un ghiottone può essere anche meglio del vil danaro) si trova una generosa porzione di pasta e ceci alla romana, rigorosamente con cipolla, rosmarino e pomodori.
Del resto, lo ribadisce anche l’immortale Marcello Mastroianni “Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria! Mica come voi! Voi, al massimo, potete andare a lavorare!” e giù il cucchiaio nella compatta minestra.
pasta e ceci alla romana