Di Fabio Riccio,
Poche sere addietro…
Ristorantino dove spesso vado a mangiare.
Oste bravo e simpatico, ottimo cibo, ambiente rilassato.
Appena entrati l’Oste annuncia: gente, ho una novità che mi hanno portato ieri dalla Spagna, un vino blu, lo assaggiamo insieme?
Strabuzziamo gli occhi e in men che non si dica, ci ritroviamo in tavola una bottiglia che contiene dell’inquietante liquido blu…
Passato lo sgomento, osiamo mescere nei calici il “liquido”, che subito per il colore mi ricorda il Kerosene della vecchia stufa a casa di mia nonna.
Qualche remora, ma poi da buoni “tafazzisti” ci facciamo coraggio e lo assaggiamo.
Al naso il vino blu spande effluvi come quelli di certi chewing gum alla frutta mista anni ’70 del secolo scorso, con in più blande note mentolate come quelle di certi dentifrici con le strisce.
Al palato, indiscutibilmente dolciastro e basta. Sembra quasi sciroppo d’acero molto diluito, ma dopo poco mi richiama alla memoria anche il sapore di un collutorio dentale, ma senza la componente acida e astringente, e con in più una sospetta pastosità…
Nessun retrogusto, nessun sentore che ne faccia sospettare una pur minima appartenenza al mondo del vino, sia olfattivamente che gustativamente.
Quasi una bibita.
Mentalmente azzardo qualche parentela con il gelato al puffo.
In poche parole, e come sempre appellandomi all’articolo 21 della nostra costituzione riguardo la libertà di espressione, questo vino blu per me è senza se e senza ma una roba imbevibile, giudizio unanimemente condiviso dai compagni di tavola e dall’Oste.
Per me, è tutto fuorché vino.
Leggiamo l’etichetta, e scopriamo che invece dentro del vino c’è.
Non ci avevamo fatto caso…
Una bevanda a base di vino (non specificati i vitigni) con aggiunti coloranti naturali (antociani e altri) e aromi.
Ma per favore…
In teoria una roba che si potrebbe assimilare alla categoria del Barolo chinato, ma credo che un ipotetico e redivivo Giuseppe Cappellano (il farmacista di Serralunga d’Alba che inventò il Barolo Chinato), lo disprezzerebbe.
Sdegnati rimandiamo indietro l’inquietante bottiglia, e ci chiediamo come può un essere umano dotato del bene dell’intelletto, prima di tutto produrre una roba simile, e poi venderla…
Dopo poco stappiamo due bottiglie di VINO, e pasteggiando la serata scorre tranquilla e il vino blu (per me) finisce nel posto che merita, cioè nella pattumiera della storia.
Per carità, questo vino blu alla fin fine è una roba non fa male a nessuno. Non mi risultano casi di avvelenamento, e pare che non contenga nulla che possa minimamente nuocere a uomini o animali, o inquinare più di tanto l’ecosistema.
Semplicemente, tutti questi vini blu mi sembrano “furbate” destinate a un pubblico davvero… di bocca buona.
Liberissimi quelli che lo producono di promuoverlo e farlo conoscere, liberissimo io di non gradirlo.
Il VINO, quello vero, è altra cosa. Stop
Una volta tornato a casa, chiedo aiuto & lumi a San Google, e con una buona dose di sgomento, scopro che di vino blu in circolazione (e non da adesso) c’è ne ben più d’uno, con o senza bollicine, italiano e non… e che molte di queste “robe blu” in bottiglia, sono molto popolari presso alcune fasce di consumatori britannici, ma anche in Corea del sud e in Brasile.
Mamma mia, che provinciale sono, da tempo tutto il mondo beve il vino blu e io meschino non lo sapevo!
Mi sa che alla fin fine la “Brexit” non sia poi tanto un male, visto che oltremanica ‘ste robe vanno forte.
Che altro aggiungere se non il classico… vino blu, cui prodest?
P.S. – Chissà come deve essere una bella sbornia di vino blu, guarda caso, in tedesco “blau sein“ … significa essere ubriaco!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?