Di Fabio Riccio,
Del pecorino (inteso come vitigno) qui su gastrodelirio ci siamo già occupati in passato – vedi https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/nicol-kidman-e-il-pecorino/2015/06/
Eh… si: purtroppo vini figli di questa uva fatti come piacciono a noi, in giro se ne trovano davvero pochi, pochissimi.
Il pecorino, affascinante vitigno, fino qualche decennio addietro considerato negletto e “rognoso” dai viticoltori, da qualche tempo è letteralmente risorto, però subendo da gran parte dei produttori che hanno ricominciato ad allevarlo, una vera e propria opera (quasi) sistematica di mistificazione.
Tanti, troppi produttori, per inseguire “il trend” dei vinelli sciuè sciuè profumati oltremisura, hanno tramutato con mille alchimie ed equilibrismi (in cantina) l’essenza di questo vitigno, al vero rustico, profumato e spigoloso, trasformandolo in una sorta di rassicurante e modaiola acqua di colonia, olezzante oltre la decenza di un putiferio di profumi & amabilità, nessuno parte del guardaroba sensoriale di questo vitigno.
Ho bevuto in passato, ma anche di recente troppe bottiglie di pecorino che potevano sembrare a naso e palato qualsiasi cosa, dal Sauvignon al trebbiano, per non parlare della triste e mai più ripetuta esperienza di una bottiglia di un pecorino di un noto e storico produttore abruzzese.
Questo pur bravo viticoltore, quando anche lui si è “buttato” sul pecorino, lo ha talmente mistificato in cantina (e dire che il suo “terroir” sarebbe ottimo per fare un pecorino come si deve) che nell’unico mio assaggio di questo vino, non ho terminato la bottiglia.
A pasto finito, ho seriamente pensato di adoperare quel che ne era rimasto come dopobarba, o come profumatore per ambiente, magari ficcando qualche stecca di legno in quel che c’era nella bottiglia.
Insomma… tutto questo per dire che almeno tra il pubblico comune, del pecorino oramai si ha una idea mistificata e ben lontana da quello che è realmente questo vitigno.
Brutta cosa.
Per fortuna invece, c’è qualche piccolo e coraggioso produttore sta tentando di mettere in giro bottiglie di pecorino fatte senza alchimie e mistificazioni, così sere addietro, in una pizzeria molto attenta proprio a questa tipologia di vini, ho finalmente gustato dopo molto tempo un pecorino “serio”, con le sue ruvidezze, i suoi spigoli e la giusta rusticità, e con il suo VERO corredo olfattivo ricco sì di bei sentori, ma non olezzante di altro…
Don Carlino Pecorino De Fermo.
Beh, ve lo assicuro: è tutto un altro pecorino!
Giallo mediamente carico, ma anche a sufficienza limpido per l’assenza di filtrazioni, al naso è subito un piccolo tornado di floreale, ma per nulla scontato, con in più delle belle note di mela matura.
Ma come per tutti i vini che in cantina non subiscono troppe “violenze”, il bello (al naso e palato) arriva con la rapida, rapidissima evoluzione.
Bastano pochi minuti e l’agrumato inizia a dettar legge, insieme a richiami erbacei secchi o balsamici, che si alternano a seconda del momento.
A dispetto, o forse proprio per queste piacevoli note olfattive, il Don Carlino Pecorino De Fermo al palato non è da meno, spandendo freschezza e amabilità a piene mani.
E’ davvero sorprendente che in un contesto poi abbastanza acido, che oltretutto si balocca tra percezioni dolci e sapide, trovare una così gran bella bevibilità, in special modo per un vino che ha quasi 15 gradi d’alcol, che onestamente mi sembrano meno…
Nel Don Carlino Pecorino De Fermo, c’è eleganza, ma anche una estrema correttezza, almeno dal punto di vista tecnico.
Sentori affascinanti e non certo omologati, ma senza nessun indizio di quella deleteria tendenza che sta prendendo piede, che è quella di fare ad ogni costo “vini brutti, sporchi & cattivi per compiacere una certa clientela che accosta certi difetti quasi ricercati a forza, al mondo del (cosiddetto) “vino naturale”.
No, non è questo il caso, il Don Carlino Pecorino De Fermo semplicemente esprime in maniera compiuta, e senza troppi fronzoli, il vitigno e il terroir da cui proviene. Stop.
Dovrebbe essere così per tutti i vini, ma parecchie volte non lo è.
In azienda, per le poche migliaia di bottiglie prodotte, semplicemente si seguono i principi della biodinamica, in vigna come in cantina, non si usano lieviti “selezionati”, la solforosa aggiunta è davvero pochina, e… anche per tutto il resto, si lavora “puliti”.
Non è poco… anzi!
Il Don Carlino Pecorino De Fermo quando l’ho assaggiato (in precedenza lo avevo velocemente provato in una degustazione,) ha fatto egregiamente il suo dovere di compagno di viaggio in una buona serata con pizze dai gusti variegati e per nulla “leggeri”.
Si: basta poco per stare bene…
De Fermo Società Agricola
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Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?