Di Serena Manzoni
Siamo alle solite… giornata libera con pomeriggio al mare, nel cielo inizia ad affacciarsi qualche nuvola di attimo in attimo più minacciosa. Primo bagno tra le onde alte, è divertente e liberatorio lasciarsi un po’ trasportare e tuffarsi nella schiuma.
Sta tuonando? Il tempo di raggiungere gli asciugamani smossi dal vento ormai un po’ più forte e… tic tic tic… scende la pioggia… ma che fa? Per una meteoropatica con poco tempo libero questo è davvero troppo! Fabio, che ne dici se andiamo ad Ortona a visitare il Museo della battaglia? Potremmo approfittare del cattivo tempo…
Non c’è molta gente nel museo, un gruppetto di persone ascolta la guida parlare di questa storia triste, violenta e assurda. Dicembre del 1943, gli alleati cercano di sfondare la linea Gustav. Canadesi e Tedeschi si trovano a combattere proprio dentro la città, annientandola. La chiamano “la piccola Stalingrado”. Qualche mese prima Ortona aveva assistito alla fuga di Vittorio Emanuele III da Roma, poco prima dell’armistizio. Il re pernottò nel castello di Crecchio, ospite dei duchi di Bovino. Non è lontano, ci mettiamo in macchina e lo raggiungiamo.
A Crecchio troviamo la sagra dell’arrosticino… è presto e fervono i preparativi, persone allegre terminano di allestire gli stand e iniziano accendere le griglie per cuocere questi spiedini di carne di castrato ormai noti anche fuori dagli Abruzzi. Due gentilissime ragazze ci informano che il castello, che ora ospita il Museo dell’Abruzzo Bizantino ed Altomedievale, prolungherà l’orario per l’occasione e noi ne approfittiamo. Mi stupiscono la quantità e la qualità dei reperti, ma visito con più interesse la piccola sezione dedicata alla storia recente del castello con fotografie dei Savoia in visita ai duchi De Riseis D’Aragona. Il filo che sto seguendo parte dal museo di Ortona. Visitiamo anche il centro storico bardato a festa e compriamo i dolci della Bottega del Bocconotto di Castel Frentano: uova, farina, mandorle, cioccolato fondente, cannella, olio d’oliva extravergine e acqua. La tradizione dolciaria abruzzese non è ricchissima, ma questo dolce è gustoso e semplice, appagante.
Si è fatta l’ora di cena, la direzione è San Vito Chietino, la destinazione è la Bottega Culinaria Biologica. Nonostante la zona ci sia abbastanza familiare ci perdiamo tra strade San Vito marina, strade in mezzo agli ulivi e il navigatore che non riconosce contrada Pantoni, dove dovrebbe essere il ristorante. Dopo un po’ di avanti e indietro decidiamo di telefonare e ci dicono di seguire direzione Sant’Apollinare. Seguiamo l’indicazione ma ci mettiamo ancora un bel po’ ad arrivare, tra i tanti cartelli di locali, hotel, pizzerie etc nessuno che riporti la nostra meta. Non vediamo l’insegna del locale, ma lo riconosciamo.
Uovo, scampo e radicchio per antipasto: le uova sono quelle delle galline di razza Ancona allevate in maniera ruspante da un’azienda agricola di Sant’Apollinare. Tra i primi piatti le buone pappardelle di grano antico con vongole, zafferano e pistacchio da far seguire dal tataki di bovino, ovvero da una carne appena arrostita, servita quasi cruda. Da provare. La tradizione giapponese la vorrebbe immersa in acqua e ghiaccio, ma questo passaggio viene qui evitato per non discostarsi troppo dal gusto occidentale. Per finire meringata di limone ghiacciata, il tutto accompagnato da un Blanc de Morgex et de la Salle, cristallino come la cena appena descritta.
«Pioggerella non noiosa,
pioggerella ispiratrice.
Chi non crede a questa cosa
dice falso quel che dice.»
(Sandro Penna, Stranezze, 1976)
Serena Manzoni