Di Mimmo Farina,
Ogni volta che mi capita di guardare alcune scene, dimentico, per così dire, che si tratta di finzione scenica e mi faccio trasportare all’interno della scienza stessa.
Si, lo so, i più scafati sono già pronti a dire, ehi ragazzo, si tratta del meccanismo della sospensione della incredulità.
È quello che ci permette di credere che Superman possa volare, che i buoni possano sempre vincere, che donne incredibili apprezzino il tipo normale, che una Delorean possa viaggiare indietro nel tempo o che ci si possa abboffare senza limiti.
Ecco! Ora ci siamo.
Abboffarsi senza limiti.
Non so voi, ma io resto rapito, sin da quando ero bambino, ma con pari ammirazione anche adesso, dalla capacità di Terence Hill di rimpinzarsi di fagioli e pane.
Ovviamente stiamo parlando di… Lo Chiamavano Trinità capolavoro ineguagliabile di un genere che, non a caso, fu poi ribatezzato del fagioli western, per distinguerlo dal, diciamo, più serio, spaghetti western, ma del quale è evidentemente una derivazione, una sorta di germinazione.
Prima di entrare nel dettaglio mi permetto di suggerire quella che è la vera ricetta del fagiolo alla Bud Spencer & Terence Hill, essendo capitato in alcuni ristoranti che ne millantavano la preparazione ma che poi, alla prova dei fatti, offrivano immondi e collosi pastrocchi a base di cannellini (!) e salsiccia intera (!!).
Ora, un minimo di dimestichezza con la collocazione dei film in questione ci fa capire che ci troviamo quasi sicuramente in Texas, sicuramente ai confini con il Messico e altrettanto sicuramente non troppo distanti dalla California.
Diciamo zona sud-ovest degli Stati Uniti.
E, i fagioli comunque erano uno schifo!
Chiunque conosca la ristorazione messicana di base sa bene che il fagiolo utilizzato nelle preparazioni locali è quello nero, assimilabile se si vuole al nostro borlotto, ma mai, mai al candido cannellino.
Tutta ‘sta storia per dei fagioli?
Beh, se permettete Trinità è un mito di infanzia, fa parte del mio, ma a giudicare dai dati di ascolto a 47 anni dall’uscita, anche del background di moltissime persone, e l’idea di poter intasarsi gola e stomaco come fa l’attuale Don Matteo, mi solletica e non poco la ghiandola pineale.
La filologia è quindi importante.
Ciò detto passiamo velocemente alla ricetta e poi alla scena in questione.
Ovviamente cipolle di base in un generoso soffritto.
Dopo che la cipolla sarà imbiondita si possono versare delle rondelle di salsiccia (ideale sarebbe chiaramente il chorizo, ma la quella molisana piccante stagionata non sfigurerà) e volendo esagerare qualche cubetto di pancetta.
Quando il nostro nobile prodotto avrà iniziato a dorare è il momento della cascata di fagioli neri (o borlotti), quindi il pomodoro (dalle immagini ho sempre pensato che sarebbe meglio in salsa, ma andranno bene anche i pezzettoni).
Come è logico, aggiustare tutto di sale e pepe e fare sobbolire per un’oretta, senza far asciugare troppo, giacchè la ratio del piatto è l’accompagnamento col pane. E, i fagioli comunque erano uno schifo!
E qui un altro punto nodale.
In Trinità noi vediamo chiaramente Terence spezzare (ecumenicamente?) una bella e croccante forma di pane, cosa del tutto inesatta, visto che da quelle parti usano le tortillas, di mais o di grano.
Ma a quel Terence Hill si perdona tutto. Finita la fase della ricetta, passiamo alla parte cinematografica. E, i fagioli comunque erano uno schifo!
Come forse saprete il buon Mario Girotti digiunò due giorni per prepararsi a questa epocale abboffata.
Fa fuori una pentola intera di fagioli ed un chilo abbondante di pane, ma la fa con una tale soddisfazione, con una tale voracità da rasentare la commozione nello spettatore, oltre, volutamente, ad un effetto comico straniante.
Effetto peraltro amplificato, e qui sta la bravura del cast tecnico e artistico, dalle reazioni degli altri presenti nella sala.
La faccia del locandiere (Luigi Bonos) suggerisce il disgusto, mentre i due bounty killer (Antonio Monselesan – il sosia di Fabio Capello per capirci e Gaetano Imbrò) riportano lo spettatore sul registro della risata con la loro cinica attenzione, sottolineata dal pane posto sotto il mento di Trinità, che keatonianamente, prosegue a ingollare tutto l’ingollabile.
Un plauso poi a Michele Cimarosa, caratterista siciliano, che offre la colonna sonora di sottofondo con l’immortale nenia sulla permalosità degli americani che vogliono le nostre donne e si offendono se qualcuno gli dà qualche coltellata.
Che caratteraccio!
E, i fagioli comunque erano uno schifo!
Buon appetito…