Caffè macchiato Bio…

Di Fabio Riccio,    

Partiamo dal bar… un bar normale, bar di quartiere, frequentato da umani d’ogni genere, pulito e senza troppi fronzoli.

Praticabile, insomma.

Colazioni, birrette, televisione tridimensionale da 450 pollici per il calcio, liquori, tramezzini, cornetti & biscotti, e qualche tavolino per chi non ha fretta etc etc… insomma, la normalità di ogni bar “all’Italiana” (non modaiolo) che si rispetti.

caffè macchiato tazzaDall’elenco ho (di proposito) omesso il caffè.

Capirai… il caffè nei bar italici è fulcro di tutto, la vera primadonna.

Se andiamo indietro con la memoria, tutti quelli che ora si chiamano Bar, un tempo si fregiavano della dicitura di “caffè”.

E proprio il caffè è il motivo del contendere…

Noi Italiani siamo specialisti nel bere caffè, anche e soprattutto nelle incalcolabili e talvolta troppo fantasiose varianti di esso.

Lungo, corto, amaro, dolce, ristretto, doppio “in tazza grande”, cappuccino, corretto, macchiato, nelle due versioni con latte freddo o caldo, solo per elencar i primi che mi sono venuti in mente.

Per farla breve, ora vi racconterò della indegna fine che in questo bar ha rischiato di fare un povero caffè macchiato.

Ho voglia di un caffè, e mi fermo in questo bar, anche perchè il barista mi è simpatico.

Dinnanzi ho una signora, età indecifrabile, dai 30 ai 50, forse più…

Mediamente “tirata” di abbigliamento, voce querula come una nota ex sindaco di Napoli, e purtroppo con addosso un sentore di profumo economico usato in dosi industriali.

Ordina un caffè macchiato.

– Latte… caldo o freddo?

Chiede il barista.

– Tiepido – gorgheggia la signora.

Il bravo barista si mette al lavoro.

Un minuto e il caffè macchiato arriva alla signora.

La signora lo guarda con aria preoccupata, e poi chiede:

– Ma che latte ha usato?

– Il solito latte, quello che uso da sempre qui al bar –

E così facendo mostra una bottiglia di un latte parzialmente scremato prodotto da una nota industria lattiero-casearia locale.

– Ma è latte bio?

Chiede allarmata la signora.

Il barista è perplesso, scruta la signora con aria cupa. Forse non si è mai posto il problema se usare o meno latte biologico nel suo bar per il cappuccino o il caffè macchiato.

Alla fine il barista risponde:

– Non lo so se questo latte è bio signora, non credo, a leggere l’etichetta è solo parzialmente scremato…

– Ah, allora non si offenda, ma io il caffè macchiato lo bevo solo se fatto con latte bio. Se non è bio, vado in un altro bar.

Il barista è ancora più perplesso…

Lo sguardo (già torvo di suo) si fa ancora più accigliato.

– Signò, mi dica un po’, e di questo caffè che ne devo fare? Lo butto?

– Faccia come vuole.

caffè macchiatoE così la signora, senza neanche salutare, alza i tacchi e se ne va fuori con aria sdegnata.

Dopo un po’ che si è allontanata, il barista esplode in una raffica di epiteti, il più educato dei quali è uno dei sinonimi di pantegana, nello specifico quello che declinato al femminile a sud del fiume Po rammenta una calzatura rustica, a volte rumorosa…

Il caffè macchiato alla fine l’ha bevuto il sottoscritto, il barista me lo ha offerto.

Buono.

Vabbè…

Fin qui uno dei purtroppo frequenti esempi di arroganza e di assoluta mancanza di educazione dell’Italiano medio.

Però ci sono anche delle considerazioni da fare, magari scontate, ma da fare.

In primis sulla presunzione della signora, poi c’è l’ennesima dimostrazione dell’ignoranza abissale dell’italiano medio su quel che mangia e beve, e infine quanto le mode riescono ad influenzare i comportamenti, finanche nei clienti di un baretto di provincia.

caffè macchiato gastrodelirioCinque o sei centilitri di latte tiepido in una tazzina di caffè macchiato, anche se non bio, non credo sortiscano effetti così deleteri da indurre una persona a non berli.

Il Bio va di moda, molto di moda, cosa in via di principio buona & sana.

Va bene, va bene… di sicuro c’è bisogno di dare una sterzata ai consumi verso produzioni “pulite” e sostenibili, e questo in ogni campo.

Va bene anche una giusta dose di salutismo, per ridurre almeno di un po’ le quantità di veleni che ingolliamo, ogni qualvolta apriamo la bocca per alimentarci o bere.

Però, e affermo questo per esperienza personale, l’arrogante signora è solo una che come tanti altri, si è approcciata al mondo BIO in maniera acritica, probabilmente per moda, immaginandolo romanticamente come un qualcosa di magico che arriva dal paese dei campanelli.

Così… si finisce per non consumare un onesto caffè macchiato, semplicemente perché non fatto con con latte biologico.

Malauguratamente, e disciplinari di produzione alla mano, quando si vede l’etichetta “Bio” non ci si deve aspettare miracoli, ma ci si deve fidare SOLO del produttore, oppure fare qualche sforzo e dati alla mano, cercare di documentarsi su quanto è davvero “bio” un prodotto.

La rete aiuta tantissimo in questo, usiamola – non solo per elargire a caso i “mi piace”. Stop.

Ci sono tanti produttori che fanno del Bio serio, andando ben oltre i disciplinari e assicurando al consumatore ottimi e sani prodotti, e c’è chi invece si limita a seguire sul filo del rasoio (talvolta oltre…) i vari disciplinari, magari arrampicandosi sugli specchi di qualche deroga o codicillo celato tra le righe…

Purtroppo, come ho già scritto in più di una occasione, i disciplinari Bio che regolamentano le produzioni (e trasformazioni) di alimenti e bevande (e non solo), sia della CEE che nazionali sono troppo, troppo di manica larga; questo non è allarmismo, è un dato di fatto. Fine.

Informarsi per credere.

Però… cinque centilitri di latte non certificato biologico in un caffè macchiato non giustificano la cafonaggine e l’altezzosità della signora.

La signora, come tanti, si accontenta non di capire, ma solo di credere in una certa idea, superando i limiti della buona educazione, e cosa ancor più grave della della razionalità, questo dovrebbe far riflettere.

Questa è ora l’Italia, slogan ripetuti che magicamente diventano verità, quasi una neolingua di orwelliana memoria.

Buon caffè a tutti!

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