Di Fabio Riccio,
Per chi non vive in Basilicata il nome, anzi il toponimo Scalera non dice molto.
In provincia di Potenza Scalera invece è diventato (ormai) sinonimo di pizza, di ottima pizza anzi.
Questo riuscito contorcimento gastro-lessical-geografico lo dobbiamo a un bravo pizzaiolo, Salvatore Gatta, che partendo da quello che era (ma che ancora per adesso è) un Pub, il Fandango, ha costruito la sua più che meritata fama nel mondo italiano della pizza.
In campo, e in egual misura, ci sono passione, caparbietà e voglia di rischiare.
Solo così si può comprendere a pieno come il seguire ostinatamente una intuizione, che poi si è rivelata giusta, cioè quella di quella di proporre in un Irish Pub della ottima pizza, sia stata una mossa vincente.
Si, perché metti per caso un viaggiatore che se una notte (d’inverno?) capita a Scalera frazione del comune di Filiano, che affamato entra al Fandango, che visto da fuori appare ne’ più ne’ meno come un Pub di stile irlandese come se ne vedono tanti in Italia…
Nulla, se non il passaparola o il consiglio di qualcuno, lascerebbe presagire al nostro viaggiatore che una volta varcato l’ingresso si ritroverà in un luogo che è anche pizzeria, e che pizzeria!
Cari lettori gastrodeliranti, senza paura di essere smentito, mi sento di affermare che una volta varcata la porta del Fandango siete in una della migliori pizzerie Italiane in assoluto. Stop.
Lo so, l’affermazione è forte, ma credetemi… ci sta proprio tutta!
Ma… il Fandango non è solo una pizzeria, è una pizzeria intelligente – più avanti vi spiegherò il perché dell’aggettivo “intelligente”
Come prima cosa, una volta al tavolo basta dare una scorsa al menù per accorgersi di essere capitati in una delle non tante (per fortuna però ci sono!) pizzerie dove ci sono realmente ottime materie prime, dal pomodoro agli ortaggi agli oli, passando anche per farine, latticini, salumi e altro.
Sono anche questi prodotti, scelti con attenzione e discernimento, che concorrono a far diventare più buone le pizze del Fandango.
In gran parte sono eccellenze territoriali lucane, ma anche campane o nazionali.
A parte questo per sgombrare subito il campo c’è da dire che le pizze di Salvatore Gatta, fatte con farine lucane e un impasto a lunga maturazione con uso di lievito madre, sono assolutamente napoletane come stile, forno, cottura ed esecuzione – lucane invece, sono le materie prime.
Salvatore Gatta è riuscito a creare un riuscito sincretismo tra Campania e Lucania, e utilizza la pizza come trampolino di lancio per coniugare a pieno il concetto di sintassi dei sapori, cosa non comune nelle pizzerie.
Tutto questo certamente tutela molto, anzi, moltissimo l’aspetto del gusto, ma iscrive anche d’ufficio Salvatore Gatta nel ristretto club di quei nuovi pizzaioli che facendo della cura dei dettagli il loro cavallo di battaglia, hanno definitivamente sdoganato la pizza dandogli accesso nei “salotti buoni” della gastronomia nazionale.
Andiamo però a spiegare perché le pizze di Salvatore Gatta meritano l’aggettivo di intelligenti.
Come già detto, l’impasto è senza ombra di dubbio napoletano, assaggiare per credere, niente scrocchiamenti e biscottamenti, ma neanche flaccidezze eccessive.
Al Fandango per preparare i panetti che poi diventeranno pizze, non si usa lievito di birra, ma si utilizza un lievito madre molto ben “curato”.
Al naso come al palato, questo lievito regala all’impasto un corredo olfattivo decisamente adatto alla pizza napoletana, leggerezza e giusta morbidità al morso, ma anche ricchezza di richiami aromatici e gustativi dei cereali, e su tutto domina un gusto decisamente suadente, specialmente nel cornicione.
Nello stesso tempo però non ci sono ne’ sentori acido-alcolici, ne’ concessioni a gusto e olfatto di certe superflue panosità, che in questo tipo di pizza sarebbero sicuramente fuori spartito.
Dopo di questo, c’è quel che sulla pizza ci se mette sopra, e qui c’è davvero tanta, tanta intelligenza nello studiare gli accostamenti, ma anche tanta Basilicata…
Personalmente le mie simpatie sono andate alla pizza lucana, opulenta in giusta misura e dai sapori attentamente e multiformemente bilanciati.
Territoriale fino al midollo e perfettamente eseguita, è la vera e gustosissima esemplificazione del sincretismo di cui dicevo primo.
Ma la vera chicca è stata il ritrovarmi nel piatto proprio in quel di Scalera la mitica (qui il termine ci sta proprio bene!) pizza alla Mastro Nicola, che pur se rivisitata e arricchita con del saporito capocollo lucano, non è altro che la pizza alla mastunicola, la pizza delle origini… di quando ne’ il pomodoro e ne’ la mozzarella erano riusciti a farsi strada in quelle che qualcuno ha definito paleo-pizze…
La Mastunicola è probabilmente la pizza più antica di cui si hanno notizie attendibili, perché se ne parla (scrive…) già in alcuni tomi editi a Napoli nel quattordicesimo secolo.
A detta degli storici, il nome deriverebbe dalla parola basilico in dialetto napoletano, vale a dire “vasenicola”.
Quella che ho assaggiato al Fandango, pur se senza strutto per adeguarla quanto basta senza stravolgerla ai palati del ventunesimo secolo, e con la sola aggiunta una volta sfornata del buon capocollo, è sostanzialmente fedele alla ricetta originale dei soli pepe, sale e formaggio, con l’aggiunta di foglie di basilico…
Il risultato a naso palato è semplicemente strepitoso: nulla ma proprio nulla da invidiare alle pizze più “titolate”, compresi quei pochi secondi in più di cottura in forno, necessari per una pizza che filologicamente parlando, era mangiata per strada, quindi, non poteva permettersi eccessive “morbidezze” da pizze nel piatto…
Peccato però che i gustosi e golosi fritti in apertura, logicamente di scuola napoletana, ma rivisitati con materie prime lucane che hanno concorso a (ben) riempire lo stomaco (il mio…), altrimenti un assaggio anche alla pizza alla cosacca ci sarebbe stato proprio bene…
Vabbè, la prossima volta.
Ah… dimenticavo, al Fandango si può anche cenare non con la pizza, e bere buona birra (Salvatore Gatta è un competente appassionato) ma anche chi come il sottoscritto, che negli ultimi tempi predilige su tutto il nettare di bacco, trova di che essere soddisfatto.
Una ultima e positiva notazione per il reparto dolci… ottimi e fatti in gran parte in loco, con il podio per il semifreddo al gianduia, un piccolo e delizioso angolo di Piemonte, estrinsecato anche nei gianduiotti e nell’amaro di fine pasto.
Piccole dolcezze che hanno regalato quel tocco di classe finale per concludere più che bene la serata, e di cui scriverò su questo sito in un futuro prossimo, molto.
P.S. – Salvatore Gatta di dolci e gelati se ne intende, per chi non lo sapesse per anni è stato un valente gelataio, a buon intenditore…
FANDANGO
Via delle Querce, 15 – Scalera (Potenza)
Tel.
0971.808781
www.fandangopub.it/
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Da potentino di sangue aviglianese, forzatamente per lavoro residente da molti anni al nord non posso che essere fiero di questo bel risultato.
Però devo fare anche i miei complimenti per chi ha redatto l’articolo, le descrizioni di tutto e dei sapori sono perfette, tanto che mi sembra quasi davvero di sentire il sapore e gli odori della pizza masticata in bocca.
Grazie!