Di Serena Manzoni,
Partiamo da un presupposto: il Molise esiste!
Certo la regione è piccola e richiede pazienza, tempi lunghi di stradelle franose con l’odore di Appennino, spazi vuoti che si lasciano ascoltare, curve che si arrotolano tra colline e cieli alti. Invita ad un muoversi situazionista, al perdersi tra queste curve per arrivare a luoghi non cercati, solo apparentemente nascosti.
Ritorno a Petrella Tifernina, per rivedere la chiesa di San Giorgio Martire ma anche per sedermi su uno scalino di una casa vuota e farsi accarezzare dal sole di dicembre, per guardare i paesani che escono dalla messa domenicale e i gatti, tutti rossi, impegnati nelle loro importantissime abluzioni mattutine.
Il colore che predomina è quello della pietra, grigia chiara quasi bianca, l’atmosfera è rarefatta, sospesa, mi ricorda quella di certi quadri di Giorgio Morandi.
La chiesa è un invito alla lettura, quasi un cartoon, le immagini sono scolpite nelle lunette o nei capitelli dell’interno, se osservate bene anche ai piedi delle colonne, nel fonte battesimale.
La storia che ci interessa è quella della lunetta del portale principale, ovvero quella di un pasto anomalo e mitico ovvero la storia biblica del profeta Giona inghiottito dalla balena. pasto mostruoso
Balena atipica mostro terribile medioevale, frutto dell’immaginario del periodo: sarebbe meglio chiamarlo pistrice, mostro dotato di coda da rettile e, nella parte anteriore del corpo, di zampe e muso da canide.
Insomma, da un cetaceo o meno, il nostro Giona viene inghiottito per punizione divina, non avendo obbedito all’ordine ultraterreno di partire per una missione di predicazione a Ninive.
Tre giorni di preghiera nel ventre del terribile mostro e poi Giona verrà rigurgitato, tornando a vita terrena.
Divorato in un sol boccone, pare che Giona abbia perso tutti i suoi capelli e gli abiti: anche il lapicida che ha operato a Petrella rappresenta un Giona calvo. Si tratta di una specie di circolo: in alto si vedono le gambe e il gonnellino dell’uomo che viene ingoiato e in basso lo stesso uomo che esce dal ventre del mostro con le mani alzate.
Tra le altre cose, la vicenda di Giona anticiperebbe e in qualche modo annuncerebbe la resurrezione di Cristo. Sicuramente l’idea della rinascita è piuttosto forte: Giona esce da questa esperienza terribile cambiato e migliore, nuovo.
La storia del pasto mostruoso da parte di cetacei, mostri marini e altri ittici ricorre nella storia della letteratura: chi non ricorda Pinocchio che ritrova il caro Geppetto nella pancia del terribile pesce-cane? La pancia-caverna del pesce ospita addirittura i viveri che permetteranno ai due di sopravvivere e il tonno che li scorterà a terra una volta fuggiti dal pesce asmatico.
E del barone di Munchausen che balla la tarantella nel ventre di un enorme pesce, che mi dite?
Anche il soldatino di piombo di Hans Christian Andersen dovrà passare nel ventre di un pesce prima di tornare a casa. Il pasto mostruoso del terribile mostro
Un dato non indifferente è che in questi racconti il ciclo gastrico di questi esseri marini è terribilmente lento: non bastano tre giorni ai succhi gastrici del pistrice per digerire Giona (ma qui c’è di mezzo la volontà divina) e non bastano due anni per digerire Geppetto! Potere della fata turchina?
C’è chi ha fatto giustamente notare che queste esperienze più che rimandare al fenomeno della digestione siano più facilmente ricollegabili alla gestazione, l’attività dell’apparato digerente sarebbe da sostituire a quella riproduttiva dove i nostri eroi si trovano a passare un periodo di tempo in una sorta di grembo materno, di grande utero da cui poi rinascono diversi, una specie di rituale di passaggio.
Se pensate che a tutto questo si poteva arrivare anche non andando a Petrella Tifernina vi dico comunque di andarci, anche solo perché è tutto molto bello e potrete sedervi su uno scalino di una casa vuota e farvi accarezzare dal sole di dicembre, o di maggio, è lo stesso. pasto mostruoso
Serena Manzoni