Wolfgang Laib – non soltanto polline…
Di Serena Manzoni,
Concedetemi ogni tanto di andare forse un po’ fuori tema, per il solo motivo che ho voglia di scrivere di un’artista che mi interessa e intriga che usa, tra l’altro, materiali decisamente commestibili.
Voglio scrivere di Wolfgang Laib.
Tedesco della Germania meridionale, dove vive in una bellissima casa di vetro in mezzo al verde e ad alberi e fiori da cui raccoglie il polline che servirà a realizzare le sue opere.
Non soltanto polline, ma cera d’api, latte e riso per opere che sono sono al confine tra le varie discipline e la vita stessa.
La lenta e paziente raccolta del polline, diverso per colore, consistenza e odore a seconda della pianta da cui lo si coglie è parte integrante dell’opera, così come i rumori del lavoro di Laib.
Curiosate sui video di youtube che si occupano di questo originalissimo artista e vi accorgerete di quanta importanza abbiano i suoni e i rumori: quelli della natura, il battere del cucchiaio sui colini con cui l’artista stende il polline, il rumore un po’ che fa la carte vetrata sulla pietra di marmo resa appena concava per versare il latte e renderla un po’ più viva.
Le Milkstone sono opere luminose, verrebbe da dire candide: l’eternità della pietra e la temporalità deperibile del latte.
https://www.youtube.com/watch?v=VaXmN0PBWRA
Wolfgang Laib non vuole spiegare il suo lavoro, o meglio sostiene che vi sia poco da spiegare: sottolinea che non usa il polline (o il riso o il latte) come se fossero pigmenti per un pittore: “è polline. Puoi spiegare il cielo o il sole?”
Ci aiuta un po’ la sua biografia e in realtà e Laib stesso che parlando di sé racconta dei suoi studi di medicina e dell’esperienza negli ospedali a cui reagisce con la sua arte, con il polline inteso come principio della vita delle piante stesse.
L’arte di quasi come una cura, un riconciliarsi forse anche con il dolore, non soltanto quello del corpo.
Il latte stesso richiama il concetto di vita, di purezza, di semplicità.
Il riso ci parla di oriente.
Nell’artista e nella sua opera (ma forse sarebbe meglio dire nella sua vita) fortissima la presenza dell’oriente sia quello letterario, artistico e filosofico che quello reale dei viaggi nell’oriente reale.
Le opere di Wolfgang Laib non vanno spiegate, bisogna lasciarsi incantare: riconoscere la grandezza e la bellezza dell’universo in uno specchio di latte versato in una pietra concava, sorridere (o fare come l’artista che, in un filmato, si lecca il dito con cui ha steso il latte).
Serena Manzoni