Intervista con il gelataio

Di Fabio Riccio          

Diciamocela tutta: salvo qualche lodevole eccezione, in Italia è sempre più difficile mangiare un buon gelato.

Certo, per fortuna c’è ancora qualche coraggioso e bravo artigiano, qualche ristoratore che fa da se, e c’è anche qualche franchising di gelati di qualità.

Gocce nel mare.

In generale, e mettendo da parte le eccezioni di cui sopra, il buon gelato (davvero) artigianale è un qualcosa di cui si sta perdendo la memoria…

Il gelato artigianale…. bella forza, direte voi, quasi tutte le gelaterie si fregiano del titolo “artigianale”, anche se spesso di artigianale, almeno nel senso più nobile della parola c’è ben poco. Intervista con il gelataio

Le definirei piuttosto gelaterie di assemblatori.

L’uso di prodotti semilavorati è (quasi) una scelta consolidata del mestiere di gelataio.

L’unica differenza, è quella sulla migliore o peggiore qualità di questi semilavorati. Stop

Oddio… sempre tralasciando i pochi “resistenti” del gelato, c’è anche una sorta di fascia grigia di gelatai che, con lodevole buona volontà cercano di uscire dalla dittatura dei semilavorati cercandoci di metterci un po’ di loro, cosa che quasi sempre si traduce nell’arricchimento delle basi industriali con prodotti freschi o semplicemente… veri. Intervista con il gelataio

Questa ibridazione tra basi industriali e prodotti veri (nocciole, cacao, pistacchi, frutta etc etc) talvolta è lodevole, mentre altre risulta francamente imbarazzante, almeno per chi ha naso & papille gustative funzionanti.

Insomma: trovare un buon gelato, artigianale davvero, cioè fatto dalla A alla zeta da prodotti freschi che passano per le mani e i semplici macchinari di un mastro gelataio, è quasi come vincere alla lotteria. Intervista con il gelataio

Il tema gelato qui su gastrodelirio è stato già trattato più volte, però questa volta vogliamo stupirvi con effetti speciali, e nientedimeno ci siamo presi la briga di fare una intervista. Intervista con il gelataio

Intervista con il gelataio, un gelataio “vero” in pensione, che ci ha raccontato di lui e di come è cambiato il mondo del gelato…

Antonio Trivelli, Tonino per gli amici, classe 1929 da Termoli (CB) in Molise, ex gelataio, ora nonno e pensionato che ancora si diletta ancora a far dolci per tutta la famiglia e il vicinato. Intervista con il gelataio

intervista con il gelataio Antonio Trivelli mostaccioli
Antonio Trivelli all’opera lo scorso natale a fare mostaccioli
  • Signor Trivelli, ci racconta in breve chi è lei?

    Sono una persona normale, uno come tanti altri. La mia famiglia gestiva un Bar, il Bellavista nel centro di Termoli già dal 1930, e così un po’ perché mi piaceva, un po’ per varie vicissitudini familiari nel bar mi ci sono ritrovato, e li ho imparato il mestiere di gelataio e pasticcere.

    Come curiosità, dovete saper che mio padre e mio fratello, già nel 1937 comprarono una delle prime rudimentali macchine automatiche per fare i gelati, una Carpigiani, un lusso per l’epoca!

  • Le piaceva fare il gelataio?

    Si, decisamente si. Per me era la vita, ho fatto sempre quello, anche quando andavo a scuola. Mi piaceva davvero, ma quando ero ragazzo erano tempi difficili, figuratevi che a quel tempo era un problema anche procurarsi l’acqua per mandare avanti il bar! Intervista con il gelataio

  • Quando ha aperto la sua prima gelateria?

    Tralasciando il periodo di una ventina di anni quando sono stato in Australia, dove ho aperto una mia pasticceria gelateria che ancora esiste con il mio nome (http://trivellicakes.com.au) in Italia a Termoli ho aperto la mia prima gelateria nel 1975 sul corso principale, ed è stato subito un gran bel successo.

    Il mio gelato piaceva molto!

    intervista con il gelataio gelateria trivelli 1975 termoli
    La Gelateria Trivelli di Termoli (CB) nel 1975
  • In un buon gelato le materie prime sono fondamentali. Nella sua gelateria, lei usava solo materie prime grezze, o magari fatte in casa, oppure già utilizzava (anche) semilavorati, forse solo per particolari tipologie di ingredienti?

    A parte usare un addensante per far “gelatinare” il tutto che si chiamava “neutro”, in realtà un preparato molto semplice a base di farine di carrube, tutto il resto dalla A alla zeta lo facevamo noi. La frutta era quella fresca del vicino mercato, ma anche di latte, zucchero e uova ci fornivano localmente, il cacao era quello delle marche più note, identico a quello che ancora adesso si vende nei negozi. I prodotti semilavorati all’epoca già esistevano, ma nella mia gelateria non li ho mai usati. Per esempio il torroncino, gusto molto in voga negli anni ’70, lo facevamo in laboratorio da noi tritando le mandorle zuccherate. Il caffè bianco li facevamo lasciando bollire nel latte un chilo di caffè della torrefazione Casolino (quasi alla porta accanto della gelateria), un chilo di caffè per ogni vaschetta di gelato, stesso per il gusto al caffè vero e proprio – lo facevamo con la moca.

    intervista con il gelataio william trivelli
    Un giovanissimo William Trivelli (figlio di Antonio) al lavoro nel laboratorio della gelateria nel 1980
  • Adesso, la domanda che tutti si aspettano: qual è il vero segreto di un buon gelato?

    Non c’è nessun segreto, uno che sceglie di fare questo mestiere deve per forza metterci passione. Fare ben il gelataio con il solo ausilio di una semplice macchina era ed è ancora un lavoro pesante. Preparare il gelato da vendere all’ora del passeggio serale era un lavoro che impegnava molto. Bisognava alzarsi presto al mattino per seguire e controllare tutto il procedimento. Questo è artigianato. Intervista con il gelataio

  • Quali erano i gusti preferiti negli anni ’70?

    Al tempo i gusti dei gelati erano veramente pochi, sei o sette, adesso sono centinaia, oltretutto imbottiti e riempiti di noccioline, dolcetti caramelline e altre diavolerie, coni e coppette sono diventati giganteschi… ora mi domando e dico: ma tutta questa profusione di gelato di mille tipi, ma quando la vendono?  Noi avevamo tre gusti principali, crema, cioccolato e limone, che erano quelli che andavano di più. Poi, ogni giorno mi inventavo qualcosa diverso, che so… il torrone, qualche frutta, qualche crema diversa, e ho anche fatto dei gelati al vino e al riso.. immaginate voi la meraviglia di un amico che abitava a Roma, quando con aria presuntuosa raccontava che nella capitale “andava di moda” il gelato al vino, quando gli ho fatto presente che io lo facevo già da anni nella piccola e poco conosciuta Termoli.

  • Lei ha mai addizionato aria ai suoi gelati, come fanno tanti produttori industriali?

    No, assolutamente, era una cosa che al tempo riguardava solo i gelati industriali confezionati, il procedimento non era alla portata di noi artigiani, e poi vendere aria e non gelato era una cosa che non mi interessava per niente.

  • Come vede lei che è della “vecchia scuola” il livello generale delle gelaterie Italiane?

    Non va bene… buona parte di chi gestisce le gelaterie non sono gelatai di professione. Si fanno rapidamente una infarinatura del mestiere frequentando brevi corsi, spesso pagati dalle ditte che producono i semilavorati, e così quattro e quattr’otto diventano gelatai. I venditori di prodotti semilavorati forniscono tutto, perfino i cartellini del gusto, così basta seguire con attenzione istruzioni e quantità consigliate dalle case che li producono, mettere il tutto nelle modernissime e luccicanti macchine, aspettare un po’ ed ecco pronto il gelato in un milione di gusti diversi. Per favore… non chiamateli gelatai! Così è troppo facile… il gelato in questo modo è bravo a farlo anche il mio vicino di casa, Nicolino! I gelati di adesso a me sembrano tutti uguali… i gelati bisogna manipolarli con intelligenza per dargli sapore. Noi come macchine, avevamo solo una modesta Carpigiani che raffreddava e rigirava, tutto il resto lo si faceva a mano.

  • Per concludere… siamo in un periodo dove intolleranze e allergie sono molto diffuse, anzi: sembra che una non trascurabile parte di Italiani se non scopre di avere una qualche allergia o intolleranza, non è soddisfatta. Vabbè, prendiamone atto… Allora, le faccio una domanda: signor Trivelli, nelle basi del gelato che produceva, metteva uova e latte?

    Certo che si! Latte e uova erano due ingredienti indispensabili. Le uova addirittura erano imprescindibili, erano loro a dare corpo e consistenza al tutto! Logicamente già all’epoca era un obbligo pastorizzare tutto, il rischio di salmonella quando si ha a che fare con le uova è sempre dietro l’angolo. I controlli delle autorità sanitarie c’erano, eccome che c’erano, e anche seri! Mi ricordo quando una volta si ruppe il pastorizzatore. Non sapevo come fare… rimediammo in maniera artigianale mettendo il tutto in un pentolone sopra il fuoco. Funzionò bene. Intervista con il gelataio

  • Negli anni in cui lei ci ha deliziato on i suoi gelati, è mai venuto qualche cliente a lamentarsi perché perché il gelato gli aveva provocato qualche sintomo di allergie o qualche mal di pancia improvviso? Intervista con il gelataio

    Mai, assolutamente! Se qualcuno ha memoria, si ricorderà delle lunghe file fuori la mia gelateria, dove nessuno, ma proprio nessuno si è mai lamentato dei miei gelati, anzi!

    intervista-con-il-gelataio-antonio-trivelli-al-lavoro

Grazie signor Tonino!

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