Non sapete che diavolo è?
Beh… in paroline facili facili, è l‘aroma artificiale di tartufo.
Oddio… non tanto artificiale, perché insieme ad altri aromi, questo composto chimico derivato dal petrolio si trova anche naturalmente in quantità variabili nei tartufi, di cui è uno dei componenti olfattivi più evidenti – ma non l’unico.
A puro titolo di curiosità, aggiungo che anche nella testa dei gamberi c’è del bismetiltiometano.
bismetiltiometano la mia piccola ossessione
Assaggiarli da crudi per credere.
Purtroppo, troppi, ma davvero troppi tartufi e prodotti derivati, per essere più graditi e apprezzati dal pubblico continuano ad essere irrorati oltre il limite della decenza (e della correttezza…) di questo composto.
Dicevamo… perchè il Bismetiltiometano mi ossessiona?
Semplicemente perché ogni volta che si parla di tartufo, (esclusi quelli di “fascia alta”) nella maggioranza dei casi questo olezzante composto entra entra in gioco Stop.
Partendo da questo, vi narrerò (in breve) di quella, che si prospettava una buona cena easy in un simpatico localetto in zona, tramutata in una catastrofe olfattiva.
I fatti
Pigrizia serale su cosa mettere sotto i denti.
Proviamo un nuovo localino, tipologia non-so-bene-che-diavolo-è, che ha aperto di recente i battenti in una cittadina non lontana da casa.
Nulla di nuovo sotto il sole.
Nel secondo millennio dell’era volgare i format dei locali dove si somministrano alimenti e bevande sono ormai troppi, e mi spiace dirlo, tanti non sanno più cosa inventarsi pur di non chiamarsi ristorante.
Le proposte: in rigoroso non ordine: taglieri di caci e salumi, birre artigianali, panini vari, vinelli sciuè sciuè e poco altro.
Nulla di nuovo incluso (con calice in mano), uno sperduto Hipster di provincia con barbona d’ordinanza, non ancora al corrente di far parte di una tribù che presto si estinguerà, come i dinosauri e il dodo.
Il panino con salumi e cacio di qualità, “piastrato” non è malvagio, anzi, è buono.
Buona materia prima, bel sapore complessivo.
Le birre artigianali si fanno bere.
Il servizio, pur tra amnesie e viaggi a vuoto di chi serve, funziona.
Tutto bene?
No
Partiamo da un assioma: il settore della ristorazione (e affini – come questo) non sempre è in mano a veri professionisti, non nascondiamoci dietro la canonica foglia di fico.
Non bastano buona volontà ed entusiasmo
Non basta un bel progetto estetico-grafico “corporate identity”, magari firmato da un architetto di grido.
E’ necessario capirci qualcosa del settore!
Ecco: capirci qualcosa…
Non si può ordinare un tagliere di formaggi e due panini, in questo preciso ordine, e vederseli portare in tavola nello stesso momento.
No
Non si può, pur in un contesto di buona materia prima, portare nel tagliere formaggi palesemente “sudati” e ossidati perché già affettati in precedenza, e non al momento.
No
Però, sorvolando sulle violenze perpetrate ai formaggi, il peggio arriva da ricotta e miele
La classica (originariamente buona!) ricottina del tagliere palesemente insufflata di una quantità (industriale) di Bismetiltiometano, puzza di “tartufo” da tre metri distante.
Cinquanta grammi di materia bianca slealmente olezzanti da oltre un metro di distanza
Neanche tritandoci dentro un etto di un bianco di tartufo di Alba “serio” si ottiene lo stesso esito olfattivo.
Non prendiamoci per i fondelli…
Dall’aspetto, quel che punteggia la ricotta è un comunissimo Scorzone, alias Tuber Aestivum Vitt, onesto fungo ipogeo che perfino a fine estate, vale a dire nel suo massimo fulgore olfattivo, non odorerà mai (scandalosamente) in questo modo.
Però, la vera e propria catastrofe olfattiva, arriva con il miele al tartufo
Fermo restando che mi appello sempre all’articolo 21 della nostra bella costituzione che mi consente di esprimere liberamente la mia opinione, dichiaro qui a chiare lettere che il miele al tartufo non mi piace affatto. Stop.
Motivazioni?
Penso che sia una stortura gastro-gustativa, meglio: una catastrofe olfattiva tout court
Partiamo da questo: il miele, come l’Olio di Oliva è per sua fortuna (già) fornito da madre natura di un corredo olfattivo e gustativo non da poco.
Esistono svariate centinaia di tipi di miele in circolazione, ognuno diverso per sentori e sapori.
Una bella cosa, un dolce ventaglio di aromi e sapori, un bell’allenamento per i sensi.
Idem per l’Olio di Oliva.
Chiedete a un qualsiasi assaggiatore di olio professionista, e vi racconterà del sottile piacere di discernere sapori e sentori nell’olio…
Ma allora, che bisogno c’è di addizionare a olio e miele aromi non loro?
Dov’è l’utilità di questo che è un vero e proprio genocidio olfattivo?
Ma è possibile che tanti sentori olfattivi di miele (anche olio) vengano rovinati, o per meglio dire, annichiliti da superflui e coprenti sentori di tartufi (più spesso presunti tali), per non parlare poi del rischio botulino quando si mette un tartufo in olio?
A che pro?
Bismetiltiometano la mia piccola ossessione
Perchè mistificare, usiamo il termine corretto, ottimi oli e grandi mieli con il Bismetiltiometano, (non tartufo…) per poi giocare a nascondino (però pienamente a termini di legge) scrivendo in caratteri microscopici in etichetta “aromi” e non aromi naturali, oppure, la sempre meno diffusa dicitura “aromi di xxxx”?
Certo, il tutto non è nocivo, e legalmente non c’è sofisticazione, ci mancherebbe altro, ma la faccenda dal punto di vista etico e gustativo non mi garba lo stesso.
Eppure… nel locale non-so-bene-cosa-altro-diavolo-è, ma anche in altri posti, questo succede e continua a succedere, nell’indifferenza generale dei clienti e, cosa più grave, ANCHE di chi lo gestisce, troppo spesso inconsapevole di quello che realmente mette nei piatti (taglieri…)
bismetiltiometano la mia piccola ossessione
Tornando alla serata, il miele al tartufo che ha accompagnato i formaggi, era insopportabile, una catastrofe olfattiva, agghiacciante, tanto che era odoroso di (pseudo) aroma di tartufo.
In bocca solo un gran caos, sentore finto-tartufaceo talmente intenso da coprire ogni sentore, anche gustativo del miele.
Cui prodest?
Povero miele, povero olio…
Povera (la non) professionalità di chi gestisce questi locali, e poveri i clienti che premiano con la loro presenza locali come questo.
Bismetiltiometano la mia piccola ossessione
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Non mi meraviglio affatto di questo…