Di Fabio Riccio,
– Mugnaio –
Un mugnaio è un lavoratore che opera in un mulino, uno stabilimento che trasforma i cereali in farina. Quella del mugnaio è una fra le più antiche occupazioni dell’uomo e cognomi come Molino o Molinari sono abbastanza comuni in Italia, così come Miller nei paesi di lingua inglese e Müller in quelli di lingua tedesca – da Wikipedia…
Un mulino e il suo bravo Mugnaio – Dionisio Cofelice – del Molino Cofelice, appunto.
Partiamo da questa ipotesi.
Siamo in quel di Matrice, provincia di Campobasso, Molise (si: fatevene una ragione, il Molise esiste, non è una astrazione)
Anno di grazia 2016 – Dionisio Cofelice è ben lieto di essere chiamato Mugnaio.
L’immaginario collettivo un tempo identificava i mugnai come figure un po’ burbere e umili, ma non umilissime, ma anche come componenti di una corporazione che non godeva proprio di buona fama, visto che la tradizione contadina li dipingeva come “furbetti e imbroglioni”, anche perché morosi nei confronti del fisco, e abili manipolatori di pesi & misure…
Acqua passata, stupide dicerie popolari che hanno la stessa scientificità della pranoterapia o della presenza degli alligatori nelle fogne di New York.
Ora, di mugnai, di quelli che si imbiancano di farina le mani, quelli seri, in Italia ne sono rimasti pochissimi, si contano sulle dita di due mani… il resto è tutta industria, nel bene e nel male.
Dionisio Cofelice, un bravo mugnaio, è quasi un superstite, un resistente…
* Resistente perché nel Molino Cofelice, uno dei pochi in Italia ancora realmente artigianali, sono le macine a pietra vera, quella naturale pirenaica, e non quelle in corindone che dettano legge.
Al Molino Cofelice si cerca cocciutamente la qualità, non la quantità.
* Resistente perché Dionisio Cofelice anche se in stato embrionale, e pur tra mille resistenze e campanilismi, insieme al suo amico Luigi Petrella Laurino dell’omonimo panificio, è riuscito a mettere in piedi una filiera corta, anzi: cortissima con alcuni agricoltori della zona, per offrire un prodotto migliore.
Dal campo alla pagnotta, filo diretto, stop.
Il termine Km zero non voglio usarlo, ormai ha ben poco significato, è solo un mero “slogan”.
Tutti se ne riempiono la bocca facendone uso a sproposito.
* Resistente perché dal punto di vista imprenditoriale cercare la qualità, quella vera, non quella di facciata buona per i consumatori farlocchi, è una scelta difficile, assediati come siamo da industrie che nella esasperata ricerca della massimizzazione dei profitti, non si curano dell’appiattimento e dello svilimento di quel che producono, altro che mulini a tinta chiara e attori iberici ingordi di denaro che impastano biscottini (solo davanti la telecamera…)
* Resistente è chi mantiene un rapporto ombelicale con il proprio territorio, rapporto che ha solo un unico aggettivo per poter essere definito in dettaglio: sano.
Il Molino Cofelice, non è il paese dei campanelli, è prima di tutto un posto dove si lavora e si produce reddito, non dimentichiamolo, ma nello stesso tempo è anche un luogo dove gli stimoli sensoriali sono tanti.
E’ un luogo dove il tempo sembra sospeso, e dove la linea della storia è chiaramente percepibile attraverso le date incise sulle targhe dei vari macchinari.
Sembra quasi di stare in un museo della molitura… invece il Molino Cofelice è un luogo dove si producono farine di vario genere (grano, farro, orzo, mais etc etc) tutte di assoluta qualità.
Non è poco.
Anche macinare la farina con la giusta pietra e i giusti tempi è una forma di resistenza…
Sabato, il molino è fermo, giorno di riposo anche per le macchine.
Silenzio, felpato e rotto solo dalle chiacchiere dei presenti, attutite anche dalla farina – giustamente è ovunque!
L’interno, una semplice composizione di vari edifici, è un in ogni caso un bel colpo d’occhio, altro che il solito mulino di colore chiaro, banale chimera televisiva.
L’ambiente è saturo degli odori delle tante granaglie macinate o ancora accatastate in grani – odori secchi quasi di spezie, a tratti persino inebrianti.
Mai ficcato il naso in un sacco di farro ancora da macinare per impadronirsi di quell’odore che istintivamente si collega a una cosa buona?
Mai stretto tra i polpastrelli una farina ancora grezza nel tentativo carpire i segreti che si nascondono tra le differenti macinature?
No?
Eppure, il cibo oltre che odorato, andrebbe toccato per farlo davvero nostro.
Ormai non lo si fa’ quasi più.
L’aspetto tattile nel cibo lo stiamo dimenticando, probabilmente anche per l’eccessivo uso di contenitori…
Eppure, in tempo di street food galoppante e modaiolo, toccare qualsiasi cibo dovrebbe essere invece un obbligo.
Io con il cibo provo anche a rapportarmi fisicamente, dal cibo voglio anche sensazioni tattili (come per il vino) – altro che i salutisti da due soldi alla perenne caccia di gastrocomplotti…
Tra le mura e i macchinari, prevalgono il bianco e il color legno.
Tecnologia solo quanto basta.
Macchine grosse ma non imponenti, non mettono soggezione, quelle più datate, in legno, hanno anche un aspetto bonario, rassicurante.
A macchine ferme, c’è anche una bella quiete.
Provo invece ad immaginare il tutto in funzione.
I ritmi non saranno forsennati.
Le buone farine si fanno con calma.
Chissà come saranno i rumori delle diverse macine, forse ripetitivi, forse sincopati, forse una musica… di sicuro il buon mugnaio già ad orecchio saprà cosa e come sta uscendo dalle macine.
Il mestiere conta ancora molto…
Viene spontaneo il paragone con alcuni mulini industriali che ho visitato.
Luoghi asettici, ipertecnologici, macchinari lucenti, efficienti, display dai numeri altalenanti ovunque, operatori in scafandro da astronauta, torri alte come palazzi di quattro piani.
Non una virgola fuori posto, produttività alle stelle – chissà la qualità…
Dionisio Cofelice del Molino Cofelice lasciatemelo dire ancora, è un resistente, nella sua caparbietà nel portare avanti il suo progetto.
I risultati gli danno ragione.
Per la sua sapienza e per il suo non voler mollare, mi ha ricordato un altro “resistente” che ho incontrato mesi fa in Basilicata a Tursi (MT) – Domenico Bascetta, orgogliosamente contadino fuori dagli schemi e guardiano di tanta meravigliosa biodiversità nei suoi pochi ettari… vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/domenico-bascetta/2016/05/
Aggiungo solo, che in questa Italia di inizio di nuovo millennio, colpevolmente “incarognita”, c’è tanto bisogno di resistenti, di questi resistenti…
MOLINO COFELICE
Via Cerreto, 35
86030 – MATRICE SCALO (CB)
0874.453130
335.1407350
cofelicesrl@gmail.com
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Ho appena comprato online un pò della sua farina….vi farò sapere…a presto
Non c’è prezzo per gratificare il lavoro e la passione di Dioniso io ne sono testimone so il valore e le capacità un mugnaio con con la m maiuscola anzi lo definirei dottor mugnaio